Quanto vale una vita? Quanto costa entrare nella storia di un’altra persona? Cosa ci vuole per porre fine ad una vita? Sono tante le domande, probabilmente senza risposta, che in questi giorni si staranno facendo i protagonisti della triste storia di Willy Monteiro, il 21enne ucciso di botte in provincia di Roma perchè aveva difeso un amico durante una lite. In quegli attimi, concitati, caldi, maledetti, Willy probabilmente tutte queste domande non se l’era fatte e aveva pensato solo ad aiutare un amico in difficoltà, credendo (o forse, sperando) che la situazione finisse in pochi minuti nel migliore dei modi. Le sue aspettative sono state barbaramente disattese, stroncate da 4 ragazzi che della violenza probabilmente ne avevano fatto una ragione di vita, l’unico mezzo di comunicazione con il mondo che li circonda. Per loro, è facile pensare, il valore di quella vita sarà stato basso, una vita che ora non c’è più. La loro, invece, ora è ad un punto fondamentale, quel punto in cui si accorgeranno del costo delle loro scelte.
Perchè si, non si uccide di botte un ragazzo di 21 anni perchè sei in trans, lo uccidi perchè lo hai scelto, lo uccidi perchè hai scelto scientemente di prendere prepotentemente il sopravvento usando la violenza. La gravità di questa storia resta rappresentata da uno spaccato del nostro Paese che mostra una fetta di popolazione che prende di petto la società, senza alcun compromesso, senza alcuna possibilità di seguire le regole, se non quelle che essi stessi si sono dati. La prepotenza della violenza, sempre più di moda, è nelle strade ogni giorno, ad ogni ora. La prepotenza è di un parcheggiatore abusivo che ti chiede con fare minaccioso gli spicci, è quella di un energumeno che picchia la sua ragazza, è quella di un ragazzo che cerca spiragli per la rissa, è quella di quattro ragazzi che fanno a botte e non si fermano neanche davanti alla morte. La prepotenza della violenza è un virus culturale, di cui gran parte dell’Italia è ormai infetta.
“A chi lasceremo il nostro Paese?” si chiedono in molti, puntando il dito contro l’immigrazione e la regolarizzazione di cittadini stranieri. Dovremmo farci questa domanda e pensare a quali italiani stiamo formando, a che tipo di italiani stiamo lasciando il nostro Paese. Cosa ci resta, invece, di questa storia? Tristezza. Tanto sconforto per un ragazzo morto a 21 anni con tanti sogni nel cassetto, con un sorriso che i suoi genitori non vedranno più. Quello si, senza valore, perchè inestimabile. Quanto vale una vita? Non ha valore. Non si può spiegare.