Il sogno è diventato lavoro, l’ambizione si è trasformata in opportunità: il calcio non è più (solo) uno sport per Francesco Iovino, anni 29, procuratore sportivo di Nola che dal 2011 si fa spazio nel mondo del calciomercato alla ricerca di giovani – e non solo – da valorizzare tracciandone il percorso ed aiutandoli nella crescita. Ma com’è riuscito a trasformare la sua passione in un mestiere? “Nel 2011 partecipai al concorso classico, abolito pochi mesi fa dalla FIFA. Eravamo in 4000, ne passarono solo 100 ed io ero tra questi. Da lì è nato un vero e proprio calvario”.
Calvario, perché? “Per fare questo mestiere servono le amicizie giuste ma anche tanto sacrificio, impegno, lavoro. Bisogna girovagare per i campi, guardare tantissime partite. Il procuratore non è solo il classico mediatore tra calciatore e società. Il suo è un lavoro quotidiano che dura 24 ore. Coi miei assistiti mi confronto quotidianamente sui loro dubbi, timori, paure. Anche il rapporto coi genitori deve essere curato nei minimi dettagli”.
Ecco, i genitori: quanto influenzano la carriera dei propri figli? “Tanto. Il genitore deve fare il genitore, deve limitarsi ad assecondare il figlio nella sua voglia di arrivare ma non opprimerlo. I più piccoli sono tartassati e mentalmente frustati. Se un genitore pensa di salvarsi attraverso il figlio, di sistemare una famiglia, allora non ci siamo. La carriera di un calciatore può finire da un momento all’altro per un infortunio ma anche per questioni mentali. Bisogna dare sempre il massimo, stare sul pezzo”.
Qual è la settimana tipo di un procuratore sportivo? “Si programmano appuntamenti, si fanno raduni coi giovani, si parla coi calciatori. Chi mi conosce sa bene che sono spesso al telefono, il rapporto coi propri assistiti va coltivato, ogni giorno. Tutti vanno curati ed aiutati, anche i migliori. Il sabato e la domenica, poi, programmiamo il futuro girando per i campi, guardando le partite dei nostri ma anche degli altri. L’occhio va sempre allenato”.
Video a cura di Fabio Tarantino e Nello Cassese