No! Monopoli non è un gioco. Non lo vedevo e sentivo da 27 anni, ma lo conoscevo da quasi 37. Chiedo, dopo i convenevoli, di favorirmi per una vacanza a Polignano a Mare. È nativo. Mi dice: ti voglio bene, ma ti consiglio Monopoli. E per il mare e per il resto. Il suo profilo serio,nei miei ricordi, mi fa ubbidire. Mi ritrovo, dietro Google Maps, in un vialone sovrastato da ciminiere. Mi immalinconisco. Telefono. Mi vengono a prendere. Dicono col calessino. Io pensavo ai cavalli al traino. Era un’apecar. Gente e bagagli affrontiamo la curva. La prima
Ma basta. Il porto. Grande. Tanto, troppo. Ed il resto è ancora in costruzione. Altra curva, a giro. Arco. Il Paradiso. Una piazzetta piena di ristorantini. Colma di gente. Giovani, bellissime ragazze. Tutti felici. Anch’io.
La sensazione è quella del richiamo di casa tua. Si dice habitat. Poi,alla mia età, le sensazioni sono il bastone delle certezze. Sembra quella di Capri. Ma più bella. Un po’ più ampia. Nascosta, nell’ultima piega del piazzale, c’è una vietta. Infilandosi,col mezzo a tre ruote, subito c’è un vicoletto. Lì rimane il mio soggiorno. Ora mi sembra Santorini. Troppe assonanze. Tutte assieme. Variegate ed uguali. Il ricovero è tanto bello quanto piccolo, ma mi piace. Moderno in un contesto d’altri tempi e posti. Una scala di legno, che per giorni mi hanno visto, infaticabilmente,
scalarla, divide i due ambienti. Vanamente voglio riposare. Ma vince la voglia di vedere. Esplorare. Capire. Là fuori. Voglio ritornare al porto per una nuova edizione emotiva. Ma sbaglio, appena esco, ed entro nel lato degli attracchi. Penso: seppellitemi qui! Sulle scale, che degradano, sento commenti mirabili, in milanese. Disperatamente con la pretesa di spiegare la bellezza del posto. La sera mi sorprende con il desiderio di mangiare. Ma voglio il dolce. Non trovo, girando, e molto, nulla di simile. Mi spiegano che lì, specialmente lì, non c’è cultura pasticcera. L’alibi di questo desiderio mi costringe a camminare.
Arrivo ,senza saperlo, alla Cattedrale. È chiusa. Basta, però, l’esterno per comprendere la grandezza umana. La chiesa è affacciata su una piazzetta, perimetrata da mura. Tutto molto alto. Tutto di pietra a tufo. Perché non hanno mai girato un film lì? Non scomparirebbe, affatto, con La Grande Bellezza. Non parlo, cammino. Voglio rivedere il mare. Lo intuisco, a pochi metri. C’è un bar. Resto fermo. Immagino che sia quello giusto. Indovino. Mi piacciono le luci. L’insegna. La fine semplicità. Un corridoio con bianco. Si muovono operosi. C’è scritto di dolci siciliani. Non faccio in tempo a rallegrarmi. Mi si avvicina una ragazza. Bella, dolce, raffinata, sorriso franco e aperto. Occhi in tinta coi capelli. Tutto chiaro. Mi parla, ma io comprendo che posso solo consegnarmi. Infatti per giorni sono una presenza fissa. La mia Manù mi ha accudito e coccolato. Mi ha parlato di Favignana. Di un mestiere certo, lasciato per disseminare imprese. Ho ascoltato canzoni di Battisti. Mi sono commosso. Che forza, uno scricchiolo in un pugno di ferro.
Pistacchio, cannoli e caffè, in un ricordo che non sfugge e non sfuma. Ma tante bontà non leniscono l’amarezza, nell’osservare il mare. Troppo sole, in un cammino lungo alla ricerca di un lido. Niente riparo ad un ristoro dovuto. I miei giorni pugliesi mi hanno macerato nel trovare spiegazioni. Perché pochissime spiagge libere? Sovraffollate al collasso certo. Promiscuità. E rocce, tante rocce. Scogli insuperabili. Tocca pensare all’alpinismo marino. Basterebbe poco. Qualche scaletta. Solo quelle. Troppo facile fruire di un servizio elementare? Comune, dove sei?
Ma poi i colori ti confondono. Ed anche le rappresaglie. Cammini, percorri, perlustri. Il tuo compagno è lo stupore. Il bello diventa, addirittura, inflazione. Scordi tutto. Ti tuffi, ancora, nella folla. Distante e partecipe. Mangi sempre bene. Ovunque si vada. Per fare l’esame comparativo, di tutto, vado in trasfera. Polignano, Alberobello, Fasano. Particolari ed individualismo. Ognuno e la sua peculiarità. Giù la testa. Eccellente, sempre. Non resta che andare . Ma senza dimenticare i ricordi. In Francia dicono che i migliori viaggi sono quelli già fatti. Ciao Monopoli, seconda a nessuno. Ciao Manu, ritornerò. Ciao porto, ma quello vecchio. Il nuovo, quello incompleto, è buono per riconvertirlo a spiaggia. Ciao Comune, un occhio allo sviluppo. Farebbe bene a tutti. E ciao a tutti i colombi, che hanno provveduto, in gruppo, a liberarsi sul cofano della mia auto nuova. Ora dal carrozziere.