La compravendita di oggetti usati, soprattutto grazie al web, è una delle pratiche più diffuse ultimamente. Ma cosa succede se si vende un oggetto più usato di quanto sia stato dichiarato? Prima di tutto, occorre specificare se si agisce in qualità di professionista imprenditore o di privato. Nel primo caso, infatti, si applica la disciplina prevista dal Codice del Consumo, mentre nella seconda ipotesi la tutela è quella generale, ovvero quella prevista dal Codice Civile in tutti i casi di compravendita. In entrambe le situazioni, tuttavia, si potrebbero applicare anche le norme del Codice Penale relative alla truffa. L’altro reato di specie, ovvero quello di frode in commercio, invece riguarda solo i venditori professionisti. Le vendite online effettuate da rivenditori professionali sono soggette ai requisiti stabiliti nell’articolo 49 del Codice del Consumo.
Tra questi adempimenti del venditore ci sono diverse informazioni che devono essere fornite obbligatoriamente e in modo chiaro e comprensibile al consumatore acquirente, tra cui, prima di tutto, le caratteristiche del prodotto o servizio offerto e i dati del venditore, in special modo se professionista. Bisogna poi specificare: il prezzo totale di vendita, comprensivo di IVA e di eventuali spese aggiuntive poste a carico del compratore (ad esempio quelle di spedizione); modalità e tempi di pagamento, di consegna e di esecuzione di eventuali prestazioni accessorie; esistenza o meno del diritto di recesso che il consumatore può esercitare, senza penalità né obbligo di motivazione, entro 14 giorni dalla conclusione del contratto o dal ricevimento della merce; applicazione della garanzia legale di conformità del prodotto e informazioni sulle condizioni per esercitarla.
La conformità del prodotto a quanto dichiarato dal venditore è un elemento fondamentale nelle vendite online effettuate da professionisti e il Codice del Consumo prevede, a tal proposito, specifiche tutele per il consumatore, stabilendo che il venditore professionista sia direttamente responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. Solo se la riparazione o la sostituzione sono oggettivamente impossibili o eccessivamente onerose, l’acquirente può chiedere una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Il consumatore, in ogni caso, deve denunciare il difetto di conformità al venditore entro due mesi dalla scoperta. La denuncia non è necessaria, tuttavia, se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato. L’azione diretta a far valere i difetti di conformità si prescrive in due anni e due mesi dalla consegna del bene. Nel caso di beni usati, le parti possono limitare la durata della garanzia legale di conformità, non inferiore però a un anno dalla consegna.
Anche i privati che vendono occasionalmente online non sono tenuti a rispettare tali condizioni (compresa la garanzia), ma rimangono responsabili per eventuali vizi della cosa venduta o altri inadempimenti contrattuali e possono subire le seguenti conseguenze, in base alle decisioni assunte dall’acquirente di un bene che risulta avere caratteristiche diverse da quelle dichiarate: l’azione redibitoria prevista dal Codice civile che consente al compratore di ottenere la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo; il risarcimento dei danni; la responsabilità per i reati ravvisabili, che possono consistere nella truffa (che si configura non solo tra privati, ma anche per le vendite professionali); l’ipotizzata frode in commercio, ovvero nel caso che il venditore agisca con l’intenzione di ingannare l’acquirente e quindi può configurarsi anche il reato di truffa, a prescindere dal fatto che il venditore sia un professionista o un privato.