I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla Procura della
Repubblica di Rimini, con il supporto di 44 Reparti territorialmente competenti, nonché della componente aerea
del Corpo, del supporto tecnico dello S.C.I.C.O e del Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche, per un totale di oltre
200 militari, hanno dato avvio, alle prime luci dell’alba, ad una vasta operazione di polizia in Emilia Romagna ed in contemporanea in Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana,
Trentino e Veneto.
Le Fiamme Gialle hanno eseguito un provvedimento del G.I.P. presso il Tribunale di Rimini con cui sono state disposte 35 misure cautelari personali, di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari, nonché 23 interdittive di
cui 20 all’esercizio di impresa nei con-fronti di altrettanti imprenditori e 3 all’esercizio della professione nei
confronti di altrettanti commercialisti, in quanto ritenuti componenti di un articolato sodalizio criminale con base
operativa a Rimini ma ramificato in tutto il territorio nazionale, responsabile di aver creato e commercializzato
per 440 milioni di euro falsi crediti di imposta, introdotti tra le misure di sostegno emanate dal Governo con il
decreto rilancio, durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà.
80 le perquisizioni ed il sequestro dei falsi crediti, di beni e assetti societari per il reato di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Tra loro, in 9 avevano presentato domanda di reddito di cittadinanza e 3 avevano precedenti di polizia per associazione a delinquere di stampo mafioso. L’associazione a delinquere, che secondo l’ipotesi investigativa è composta da 56 soggetti che si sono avvalsi di 22 prestanomi, ha un nucleo centrale di 12 persone, oggi sottoposti a misure cautelari custodiali, tra imprenditori e commercialisti.
L’indagine del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria trae origine da un attento esame della documentazione
relativa ad una presunta “cessione di crediti d’imposta”, effettuata da una società coinvolta in altro procedimento
penale per reati fallimentari. L’analisi sull’origine dei crediti effettuata tramite l’utilizzo delle banche dati
operative in uso al Corpo incrociata con le indagini sul campo e la valorizzazione delle segnalazioni per operazioni sospette, ha consentito di appurare che gli stessi erano inesistenti per carenza di requisiti. Da lì è nato il
nuovo filone investigativo che fin dallo scorso mese di giugno ha consentito il monitoraggio dell’organizzazione
criminale fin quasi dalla sua genesi e in tutti i passaggi di sviluppo, verificando come la stessa fosse totalmente dedicata alla crea-zione e commercializzazione di falsi crediti di imposta, successivamente monetizzati cedendoli
a ignari acquirenti estranei alla truffa, portati in compensazione con conseguente danno finale alle casse dello
Stato.
Gli esiti investigativi, suffragati dagli accertamenti bancari e dai dati pervenuti dall’Agenzia delle Entrate di
Rimini e dalla Sogei S.p.A., hanno consentito di riscontrare l’esistenza del sopra menzionato sodalizio criminale,
che ha operato secondo il seguente iter criminis comune alle tre casistiche di crediti d’imposta fittizi generati
(Bonus locazioni, Sismabonus e Bonusfacciate):
– tramite professionisti compiacenti, reperivano società attive in grave difficoltà economica o ormai decotte, utili
alla creazione degli indebiti crediti d’imposta;
– sostituivano il rappresentante di diritto di tali società con un prestanome, da cui ottenere le credenziali per poter
inserire le comunicazioni di cessioni crediti nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, così da avere
uno schermo in caso di futuri accertamenti;
– inserivano le comunicazioni dichiarando di aver pagato canoni di locazione superiori agli effettivi (persino oltre il 260.000%) o effettuato lavori edili mai iniziati, così da generare crediti di imposta non spettanti;
– cedevano i crediti d’imposta a società compiacenti e dopo il secondo passaggio a società terze inconsapevoli, così da rendere più difficile la ricostruzione.
Neppure le recenti modifiche normative introdotte dal decreto antifrode hanno scoraggiato i membri dell’organizzazione criminale, che hanno continuato a perpetrare la truffa. Il profitto dei reati è stato:
– investito in attività sia commerciali che immobiliari (subentro nella gestione di ristoranti, acquisto di immobili
e/o quote di partecipazioni societarie);
– veicolato, attraverso una fatturazione di comodo, verso alcune società partenopee per essere monetizzate in
contanti;
– trasferito su carte di credito ricaricabili business, con plafond anche di 50.000 euro e prelevato in contanti
presso vari bancomat;
– impiegato per finanziarie società a Cipro, Malta, Madeira;
– convertito in cripto valute;
– investito in metalli preziosi ed in particolare nell’acquisto di lingotti d’oro.
In fase di esecuzione dei sequestri, ritenendo plausibile che alcuni indagati potessero fare ricorso a botole e
intercapedini in cui custodire contanti e preziosi, sono stati impiegati i “cash dog”, unità cinofile addestrate a fiutare l’odore dei soldi. L’operazione di servizio testimonia il ruolo fondamentale della Guardia di Finanza nella lotta agli illeciti in materia di spesa pubblica.