Sono passati quasi 50 anni dalla morte di Antonio De Curtis in arte Totò, ma forse per i napoletani non è mai morto, per quanto la sua presenza viva ancora nella mimica, nella battuta, nel ricco e improvvisato repertorio di gesti e sguardi, che nessun fotogramma ha saputo catturare .
Totò vive ancora, è difficile capire in quale passaggio segreto del cuore si nasconda la vivida e sempre calda emozione che arriva dal suo essere qui (intensamente qui) e altrove, nel non luogo dell’irraggiungibile.
E …in quest’aria rarefatta della sospensione, il principe della risata, ha continuato a vivere, forse ingiustamente.
Perché non gli è stato mai razionalmente riconosciuto il ruolo che ha avuto nel campo dell’arte, lo stesso che ha avuto Charlie Chaplin.
Totò non si tocca, nemmeno da morto.
Potrebbe giustificarsi così la tardiva esigenza del popolo di Napoli di dargli una collocazione che gli riconosca il merito di essere stato uno dei più grandi artisti (attore, mimo, caricaturista, creatore di un linguaggio inimitabile) che non appartiene solo a Napoli, ma al mondo.
I progetti di questi giorni che vengono da ogni dove, istituzioni, gente comune, di dedicare un museo a Totò o di realizzare una sua statua, o di restaurare la casa in cui è vissuto, nel Quartiere Sanità, continuano a rimanere aleatori e dimostrativi di una volontà che non c’è: quella di collocare Totò nell’Olimpo insieme agli Dei dell’arte, insomma di liberarlo dal vincolo di appartenere gelosamente solo a Napoli.
Totò è del mondo.
Quindi se nessuno si fa avanti con proposte concrete su come e dove ricordare Totò, perché considerare discutibile la proposta di Agostino Ingenito, presidente dell’associazione dei “bed ebrekfast”.
Il quale in virtù delle mille volontà che non si mettono d’accordo sul come e quando ricordare Totò come merita, ha detto: “Siamo disponibili a ristrutturare la casa di Totò nel quartiere Sanità e trasformarla in un luogo che non sia un museo classico ma un luogo dove i turisti potranno soggiornare in modo da poter venire a contatto più autenticamente con gli oggetti, la vita vissuta, del grande Totò”.
La prima cosa che viene in mente è che questa proposta voglia trasformare la casa di Totò in un bed e brekfast .
In realtà sottolinea Agostino Ingenito: “ Bisogna rendersi conto delle nuove esigenze del turista e del territorio. La gente ha sempre più bisogno di cose da vivere, in cui identificarsi. Questo attirerebbe i turisti, sarebbe quindi un volano di sviluppo per il territorio, coniugando arte, conoscenza e economia”