Dona il polmone al figlio: “Ora torna a respirare e a vivere”

di Redazione Zerottouno News

E’ stato dimesso la scorsa settimana il bambino che è tornato a respirare grazie al polmone donato dal padre, a poco più di un mese dall’intervento. Il trapianto di polmone da donatore vivente, il primo in Italia per questo organo, era stato eseguito martedì 17 gennaio al Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Il donatore di polmone si chiama Ánduel. È un uomo albanese di 34 anni ed è il padre del figlio di 5 anni che chiameremo “Mario”, dal nome del personaggio dei videogiochi “Super Mario Bros” di cui è appassionato. La moglie Ornéla ha oggi 35 anni da poco compiuti. Nell’estate 2018 si è trasferita in Italia, insieme al bambino di un anno di età. Pochi mesi dopo il loro arrivo, li ha raggiunti papà Ánduel, dopo aver lasciato il lavoro di ingegnere edile in Albania.

L’anno successivo al loro arrivo in Italia i genitori di Mario portano il figlio all’ospedale Meyer di Firenze per alcuni segnali di malessere. Dopo gli esami, arriva la diagnosi di talassemia o anemia mediterranea, una patologia del sangue. Nell’estate del 2021 si rende necessario un trapianto di midollo. Nonostante la buona riuscita del trapianto, proprio questa donazione del midollo dal padre, con conseguente “trasferimento” del sistema immunitario del genitore sul figlio, genera la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite (Graft versus Host Disease, GvHD), una grave complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico. Si tratta di una complessa reazione immunitaria, dove le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri.

Questa malattia danneggia i polmoni al punto che il bambino stava perdendo completamente la capacità di respirare in modo autonomo. Per lui non rimane alcuna speranza di sopravvivere, se non quella di un trapianto di polmoni. Nell’autunno del 2022 gli specialisti dell’ospedale Meyer di Firenze contattano il Papa Giovanni XXIII di Bergamo per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista per il trapianto di polmone. Il resto è storia conosciuta. Una storia a lieto fine.

Maria Beatrice Stasi, Direttore generale ASST Papa Giovanni XXIII, ha affermato:Un lavoro di equipe in cui molti operatori in perfetta armonia e condivisione hanno raggiunto un risultato che conferma l’Ospedale Papa Giovanni di Bergamo tra le strutture di eccellenza sui trapianti a livello nazionale e non solo. Desidero rivolgere un pensiero affettuoso al piccolo ‘Mario’ e alla sua famiglia augurando una vita piena e gioiosa. Credo che qui abbiamo fatto una cosa ‘grande’, che gratifica di tanto impegno e sacrifici il nostro personale e mostra nella sua forma più bella la dedizione ai pazienti del nostro Servizio Sanitario”.

Fabio Pezzoli, Direttore sanitario ASST Papa Giovanni XXIII, ha aggiunto:Vedere un bambino tornare a respirare autonomamente dopo un trapianto e vederlo uscire dall’ospedale è ciò che rende il nostro lavoro davvero unico. È significativo che ciò sia avvenuto proprio a Bergamo, a tre anni esatti dallo scoppio di una pandemia che ha tolto il respiro a tanti nostri cari. Quello di Mario è certo un caso particolare, avendo ricevuto un dono speciale da suo padre vivente. Ma la sua storia è la testimonianza di quanto sia importante scegliere di donare i propri organi dopo la morte. Questo ha permesso ai nostri professionisti, nel corso di un’attività quasi quarantennale, di trasformare il dolore di una perdita in una possibilità di cura per migliaia di bambini ed adulti che non avevano alternative terapeutiche e in una possibilità di salvare vite umane”.

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