I “No tap” si sono accorti di essere stati ingannati dai rappresentanti del M5S e hanno iniziato a bruciare bandiere (che è sempre un barbaro modo di protestare) e a strappare le tessere elettorali. Una delle tante promesse mancate: Ilva, articolo 18, condono edilizio, condono fiscale. Chi saranno i prossimi ad essere traditi, i No Tav? In questo caso è probabile che la promessa sarà mantenuta, ma solo perchè c’è il forte rischio che la base grillina possa esplodere definitivamente.
Un Pd sordo ai richiami degli elettori e un M5S incapace di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale stanno spianando la strada alla Lega, l’unica capace di attirare consensi con una politica di chiusura sotto diversi aspetti, politica che solo a breve termine risulterà favorevole, quanto basta per accaparrarsi qualche altro consenso.
Ed è proprio questa la domanda più importante che avrà una risposta solo alla fine di questa mini stagione politica: se parte dell’elettorato di sinistra si è spostato verso il Movimento e se quest’ultimo si è rivelato troppo debole nel rispettare gli stessi votanti, ci sarà un ulteriore spostamento di consenso, stavolta clamorosamente verso destra?
Lo scudo verso lo straniero, la giusta legittimazione a reagire contro il delinquente e il sempreverde ma inutile rigurgito verso l’Europa, sono argomenti che fanno presa sugli elettori, ormai condannati a un bisogno di protezione che altri partiti non hanno saputo garantire, in primis sul piano culturale. I continui episodi di razzismo che nelle ultime settimane hanno animato la cronaca sono, allo stesso tempo, sia la punta dell’iceberg che il punto primo di un sentimento di sofferenza: il diverso è diventato automaticamente un nemico, da combattere a prescindere, sempre e comunque.
E ciò che colpisce è soprattutto l’autolegittimazione a farsi giustizia da sé: se in passato nessuno si permetteva di esternare offese verso chi aveva qualcosa di diverso e, una volta esternate, non aveva nemmeno il tempo di andare a nascondersi per la vergogna, oggi non solo si verificano episodi di violenza a causa del razzismo, ma chi li commette si sente anche legittimato, nel giusto.
È una battaglia culturale, ed era questa la battaglia da vincere ma che è stata persa senza appello: quando dal palco si grida alla riduzione, limitazione o addirittura eliminazione dei poteri di uno degli organi di garanzia/controllo del nostro sistema istituzionale, come quelli del Presidente della Repubblica, e la folla ti dà ragione, vuol dire che si è perso e che abbiamo perso tutti. Ha perso lo Stato della doppia morale, della doppia legalità che fa un morto ammazzato per mano delle forze dell’ordine, le stesse che scappano a gambe levate di fronte a una minaccia di quattro invasati armati di manganello, gli stessi che qualche mese fa andavano in spiaggia a imporre la loro legalità sui poveri venditori ambulanti.
Sono sempre gli stessi, che però agiscono diversamente, a convenienza. E il silenzio è connivenza.
Quando la politica non riesce a dare risposte si crea una generale sfiducia, che spesso e volentieri si traduce in un regresso culturale che mette in mostra tutte le debolezze della società. È gioco forza, in questi casi, affidarsi a chi riesce a trasmettere un senso di sicurezza, indipendentemente dal pericolo e dal nemico che si deve affrontare. Anzi, a volte è proprio la politica che crea nemici che non esistono, avversari immaginari che finiscono per travolgere la massa.