L’insopportabile peso del fallimento in Italia

di Nello Cassese

Diana Biondi non ce l’ha fatta. Secondo i pareri degli inquirenti e degli amici, la 27enne di Somma Vesuviana si sarebbe tolta la vita a causa degli esami mancanti per la sua Laurea in Lettere. Diana non ce l’ha fatta a sopportare quel peso di inadeguatezza e di ritardo nei confronti di una società che va veloce e non risparmia nessuno. Non ha risparmiato lei ora e non ha risparmiato i tanti altri studenti che in questi mesi hanno deciso di togliersi la vita perchè il peso del fallimento degli studi era troppo grande. A 19 anni c’è chi si toglie la vita nei bagni dello IULM di Milano e c’è chi dall’altro lato della penisola si suicida a 22 anni a Palermo per non aver portato avanti gli studi nel miglior modo possibile.

Ma chi decide cos’è il fallimento? Chi decide cos’è l’eccellenza? Chi decide che sbagliare è vergognoso? In una società che richiede eccellenza senza offrire in cambio nulla, in un Paese che richiede performance d’alto livello e offre stipendi da schiavitù che costringono ad emigrare. In un contesto del genere chi ha il diritto di poter chiedere ai giovani di essere impeccabili, veloci, efficienti? Al novembre 2022 l’Istat riportava un tasso di disoccupazione generale del 7.8% e un tasso di disoccupazione giovanile del 23% con un livello di cittadini inattivi tra i 15 e i 64 anni pari al 34.5%, ovvero circa 50mila persone.

C’è un Paese immaginario che racconta di un Made in Italy padrone del palcoscenico internazionale. Poi c’è un Paese reale che ci fa tornare con i piedi per terra e ci racconta di una Italia sempre più vecchia, con una classe dirigente che arranca e over 60 ancora ai posti di potere. Un Paese in cui la creatività giovanile spesso viene sacrificata dinanzi alla logica del profitto e dell’efficienza e in cui la cultura del fallimento è spazzata via da una spasmodica ricerca di risultati. Ora e subito, perchè a 30 anni sei vecchio e sei in ritardo.

Tra i banchi di scuola invece dovrebbero insegnarci che sbagliare è giusto, che solo sbagliando si trova la via del successo, che ognuno ha i suoi tempi e non c’è una data certa per raggiungere il successo personale, per laurearsi, per avere il conto in banca, il SUV e la casa propria. Non è facile trovare la via giusta e spesso c’è bisogno di svoltare in quella sbagliata per trovare la direzione esatta. Ai giovani dovrebbero insegnare che si può fallire dieci volte, essere bocciato il doppio e un giorno, anche lontano, trovare il successo che porti serenità e soddisfazione. Una società creativa è una società produttiva, un popolo che sa valorizzare il proprio tempo e le proprie risorse è un popolo che ha le forze per creare valore.

A volte non sei nel posto che immaginavi fosse casa tua e non sei alla scrivania che pensavi potesse essere il tuo luogo di lavoro ma, nonostante Tik Tok e l’alta tecnologia del 2023, ancora nessuno sa predire il futuro. In Italia si dovrebbe insegnare la logica del fallimento e rendere omaggio alla memoria di questi ragazzi che non ce l’hanno fatta. Magari con una giornata a loro dedicata, magari con un aumento della spesa per l’occupazione giovanile e l’istituzione di servizi di sostegno psicologico gratis in ogni ASL. Viviamo in una società che ci carica di un insopportabile peso del fallimento. Bisogna fermare questa deriva. Se non ci fosse il fallimento non esisterebbe il successo. Torniamo a fallire, torniamo a sbagliare, torniamo a vivere. Insegnate questo nelle scuole: sbagliate, fallite, quando arriverà il successo sarà ancora più bello.

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