Negli ultimi mesi il caso di Mario Paciolla, un cooperante italiano trovato morto in Colombia nel luglio 2020, ha suscitato ampio dibattito e mobilitazione in Italia. La sua morte, avvenuta in circostanze ancora poco chiare, ha sollevato interrogativi e preoccupazioni, portando ad una serie di proteste e iniziative da parte dei familiari, degli amici e di alcuni cittadini.
Mario Paciolla lavorava per una ONG in Colombia, dove si occupava di progetti legati alla pace e alla giustizia sociale: aveva il compito di verificare l’attuazione degli accordi di pace tra il governo e le FARC (Forza Armate Rivoluzionarie della Colombia) e del rispetto dei diritti umani nei confronti degli ex-guerriglieri, disponibili al rientro nella legalità e perciò al reinserimento nella società.
La sua morte (avvenuta nella sua casa di San Vicente del Caguan, con un lenzuolo annodato intorno al collo) è stata inizialmente classificata come suicidio, ma la famiglia ha sempre espresso dubbi su questa versione, chiedendo una maggiore trasparenza e un’indagine più approfondita. Le circostanze della sua scomparsa, unite a un contesto di violenza e instabilità politica in Colombia, hanno infatti alimentato la necessità di chiarimenti.
A partire dalla notizia della sua morte, diverse associazioni e gruppi di attivisti hanno organizzato manifestazioni e incontri in varie città italiane, che continuano ancora oggi dopo quattro anni, chiedendo giustizia per lui e per tutti i cooperanti che operano in contesti difficili. Le proteste si sono concentrate principalmente a Roma, dove sono stati organizzati sit-in ed eventi pubblici per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo avvenimento. Le manifestazioni sono state caratterizzate da striscioni con messaggi di solidarietà e richieste di verità. Molti partecipanti hanno espresso la loro preoccupazione per la sicurezza dei cooperanti e per la necessità di proteggere coloro che si impegnano in progetti umanitari in zone a rischio.
Oltre alle manifestazioni, sono state avviate anche iniziative di sensibilizzazione attraverso i social media, dove la famiglia di Paciolla e vari attivisti hanno condiviso informazioni sulla sua vita e sul lavoro che stava svolgendo. Sono stati organizzati eventi di raccolta fondi per sostenere le ONG che operano in Colombia e per promuovere progetti di pace e giustizia. In aggiunta a tutto ciò, sono stati elaborati anche due murales: uno di Jorit su una facciata del liceo Vittorini di Napoli e uno degli artisti Luca Carnevale e Samuel presso i giardinetti di via dell’Erba di Montedonzelli nel quartiere Arenella.
La questione ha attirato l’attenzione anche da parte delle istituzioni italiane. Sono state sollecitate indagini da parte del Ministero degli Affari Esteri e sono state richieste maggiori informazioni alle autorità colombiane. Nel luglio scorso è stato esposto nella sede della Cgil in via Toledo a Napoli. Tuttavia, la mancanza di risposte chiare ha alimentato il malcontento e il desiderio di verità.