Dopo quasi un anno l’esercito regolare siriano è riuscito a liberare la città di Palmira dall’occupazione dell’Isis, anche grazie ai costanti bombardamenti tenuti dall’aviazione russa. Tra i primi a rientrare nella cittadina ci sono stati gli esperti di archeologia, tra cui Maamoun Abdulkarim direttore dei musei dell’antichità siriani. Quest’ultimo ha dichiarato di aspettarsi la città in condizioni peggiori, visto il tempo trascorso sotto l’occupazione jihadista. Per quanto riguarda però in particolare i siti dei templi di Bel e Baal Shamin la situazione è stata definita scioccante. I siti millenari, resistiti al passere del tempo e delle civiltà, sono stati irrimediabilmente deturpati dai fondamentalisti islamici dell’Isis. Numerose sono le reliquie trafugate e vendute molto probabilmente al mercato nero per finanziare la guerra e l’organizzazione di atti terroristici. Ciò che resta sono in gran parte detriti, statue ed archi demoliti, polverizzati da una furia ideologica, distruttiva e irrispettosa di ogni forma culturale alternativa alla propria, un’intransigenza che non si manifesta solo nei confronti del mondo presente ma anche del passato, da cancellare e provare a riscrivere. In mezzo a tanta devastazione le autorità culturali siriane hanno ricevuto l’offerta d’aiuto del museo russo dell’Hermitage. La struttura ospita in Russia un’importante esposizione d’arte siriana e mediorientale, il direttore del museo, Mikhail Piotrovsky, ha offerto la propria competenza per aiutare i siriani a catalogare sia ciò che è rimasto sia ciò che è andato perduto in modo da quantificare danni e patrimonio ancora disponibile. Nella speranza che Palmira possa tornare ad essere un luogo d’arte e non più di morte e dolore.
di Marco Sigillo