A quasi quarant’anni dall’uscita (e in vista del sequel Doctor Sleep, al cinema dal 31 ottobre) si rivede in sala sua maestà Shining, il celebre capolavoro horror di Stanley Kubrick tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King, e per la prima volta anche qui in Italia possiamo gustarcelo nella versione americana extended della durata di 144 minuti, il che vuol dire 25 minuti in più passati in compagnia dell’allegra famigliola Torrence fra i corridoi e le stanze dell’Overlook Hotel. È stato un mordi e fuggi a dire il vero, solo due giorni di programmazione, con tanto di prezzo del biglietto maggiorato, come sempre accade per queste “proiezioni speciali”, ma mai come stavolta, si tratta di soldi spesi bene. Perché, andiamo, lo sapete anche voi, vedere un film di Kubrick al cinema (arricchito da scene inedite) non ha prezzo.
E se pensate di sapere tutto sul capolavoro di Kubrick, mettetevi alla prova con queste sei divertenti (e significative) curiosità:
1. INIZIALMENTE INCOMPRESO Sebbene oggi sia unanimemente classificato come uno dei migliori film horror di sempre, Shining ricevette reazioni discordanti all’uscita, non solo da parte del pubblico, a cui dopotutto qualche svista colossale va concessa ogni tanto, ma addirittura da parte della critica di settore, il che la dice davvero lunga sull’incapacità di certi “specialisti” a vedere al di là del proprio naso. Una critica comune riguardava la “lentezza” della pellicola, piuttosto atipica per gli horror coevi. Molti poi lamentavano una scarsa aderenza al bestseller originale. Addirittura nel 1981 il film fu candidato ai Razzie Awards per la peggiore regia (Stanley Kubrick) e la peggior attrice non protagonista (Shelley Duvall).
2. A STEPHEN KING NON PIACE Stephen King non ne ha mai fatto mistero: a lui la trasposizione kubrickiana del suo Shining non piace, tanto da definire la pellicola “fredda e distaccata”, molto lontana dallo spirito originale del romanzo. Secondo il Re del brivido i personaggi del film non hanno la stessa profondità dei loro corrispettivi letterari. Jack, ad esempio, argomenta King, sembra “completamente pazzo fin dalla prima scena“, laddove nell’arco narrativo originario la pazzia scaturisce in lui molto più gradatamente. Lo scrittore ha criticato inoltre il ruolo della Duvall (Wendy), di cui ha detto “si trova lì solo per strillare ed essere stupida“, considerandola uno dei personaggi più misogini della storia del cinema. Gira e gira, le critiche di King alla fine ruotano tutte intorno allo stesso argomento, ossia il presunto tradimento dello spirito originario del romanzo. Sarà pur vero — del resto chi può dirlo meglio di lui? — ma questo non significa che il film non sia un capolavoro pari al libro. E lo stesso King, pur rimanendo saldo nella sua opinione, sembra concedere qualcosa quando, nel suo saggio Danse macabre, inserisce la pellicola nella lista degli horror “che hanno dato un contributo peculiare al proprio genere“.
3. LO SNERVANTE PERFEZIONISMO DI KUBRICK Le riprese del film durarono più di un anno (da maggio 1978 ad aprile 1979) e furono ardue e problematiche, soprattutto per via della natura estremamente meticolosa del regista. Un perfezionismo morboso che sfiancava letteralmente il cast. La sola scena del bar, ha rivelato in un’intervista l’attore Joe Turkel, interprete del barista Lloyd, richiese sei settimane di riprese, e fino a tredici ore di lavoro al giorno. Scatman Crothers, interprete del capocuoco Dick Hallorann, minacciò di abbandonare il set per via delle lungaggini della produzione. Shelley Duvall, l’attrice che interpreta Wendy, si stressò tanto a discutere continuamente con Kubrick riguardo le battute, il modo di recitare e tanti altri piccoli particolari che il regista voleva fossero esattamente in un certo modo e non in un altro, che alla fine ne prese una malattia e cominciò a perdere i capelli. Lo stesso Jack Nicholson, frustrato dai continui cambiamenti del copione (anche nel corso della stessa giornata), cominciò a gettar via le copie fornitegli dalla troupe, consapevole del fatto che tanto sarebbero state modificate, preferendo imparare gran parte delle battute pochi minuti prima dell’inizio delle riprese. Anjelica Huston, la compagna di Jack Nicholson ai tempi di Shining, rivelò che l’attore tornava a casa così stremato dalle riprese da crollare come svenuto sul letto.
4. IDENTICAL TWINS Ormai fanno parte dell’immaginario collettivo di Shining, e magari dopo aver visto il film avrete temuto di ritrovarvele mano nella mano nel corridoio di casa vostra mentre dicono “vieni a giocare con noi?”, eppure le (inquietanti) gemelle Grady non sono presenti nel romanzo originario di Stephen King, e neppure erano previste nello script originario del film, ma furono aggiunte da Kubrick solo in corso d’opera. L’ispirazione per le gemelle venne al regista dopo aver visto la foto Identical Twins scattata nel 1967 da Diane Arbus, la famosa fotografa dei freak di cui Kubrick era un grande ammiratore. Come si vede dall’accostamento qui sotto, le gemelle di Kubrick sono una chiara citazione della foto della Arbus, con una delle due bambine leggermente imbronciata e l’altra che accenna un sorriso, in una sorta di bipolarità caratteristica della stessa fotografa.
5. LA SCENA DI JACK Un altro omaggio — ma forse sarebbe meglio dire citazione (per alcuni addirittura plagio) — presente in Shining riguarda una delle scene più iconiche e memorabili di tutta la pellicola, quella in cui Jack Torrance spacca a colpi di mannaia la porta del bagno in cui è rinchiusa sua moglie Wendy. Qualunque cinefilo che si rispetti avrà di sicuro impressa a fuoco nella memoria la folle faccia di Nicholson che fa capolino dal buco della porta per terrorizzare la povera Wendy al suono di “Sono il lupo cattivo!” (“Here’s Johnny!” nella versione originale). Ebbene, la sequenza è totalmente ispirata da un’altra presente in un film svedese del 1921 diretto dal Victor Sjöström e intitolato Körkarlen (in Italia Il carretto fantasma). Siete scettici? Be’, date un’occhiata qui.
6. È LIBERA LA 237? Alcune riprese aeree dell’Overlook Hotel furono effettuate presso il Timberline Lodge, un edificio civile situato in Oregon, adibito sia a rifugio montano sia ad albergo. Visto l’alone sinistro che nel romanzo di King riveste la camera 217, luogo di efferati omicidi, i proprietari del Timberline Lodge chiesero a Kubrick di cambiare il numero della camera nel film per paura che il pubblico rimanesse impressionato e nessuno volesse più alloggiare in quella camera. Kubrick modificò allora il numero in 237, che non corrispondeva ad alcuna stanza reale dell’albergo. Ironia della sorte, dopo l’uscita del film, molti ospiti del Timberline Lodge chiesero invece proprio di poter alloggiare nella stanza 237, ma non fu possibile accontentarli.