Senzatetto ma non senza una storia. Ecco chi sono i clochard a Nola

di Nello Cassese

I senzatetto spesso sono considerati dei semplici ubriaconi, dei cittadini di classe B; spesso vengono malmenati, per divertimento o per sentirsi più forti di qualcuno, un qualcuno che però è indifeso e innocuo. Spesso scatta questo nell’opinione pubblica o almeno, come hanno dimostrato gli ultimi fatti, questo succede solo in una minima parte della comunità; siamo tuttavia sicuri che queste persone abbiano scelto questa vita? Cosa facevano prima di ridursi a vivere con pochissimo? Creano davvero problemi alla comunità? Per dare delle risposte ai nostri interrogativi ci siamo rivolti ai volontari che condividono la loro vita con queste persone. Li abbiamo osservati, abbiamo ammirato la loro compostezza e abbiamo raccolto le storie di questi nomadi della strada a Nola, sempre alla ricerca di una nuova vita.

La storia che di sicuro fa più effetto è quella di un signore marocchino, un imprenditore andato incontro al fallimento, dotato di un’eleganza e di una compostezza straordinaria che ci hanno subito colpito. Dopo un litigio familiare e dopo vari episodi sfortunati della sua vita, si è ritrovato in mezzo ad una strada ad arrangiarsi, dormendo a volte da amici. Non ha nessun contatto con i familiari da 5 anni, mentre sua figlia lavora nell’ufficio stampa del Papa e vive stabilmente nel territorio del Vaticano. Sono oscuri i motivi del litigio familiare, ma ciò che è lampante è il viso gentile e dignitoso di questo signore.

Della stessa nazionalità sono due ragazzi che spesso incontrano il venerdì i ragazzi della Comunità di Sant’Egidio. Uno dei due è stato salvato proprio dalla Comunità, i cui volontari hanno “raccolto” dalla strada dopo un malore alla fine di una festa e gli hanno comprato un biglietto di sola andata per la sua terra natia. L’altro ha una storia più particolare: arrivato in Italia per un’operazione a cuore aperto, è crollato ed è caduto nella non rara depressione post-operazione, prima di entrar poi a far parte della famiglia della Comunità.

Altre belle storie vengono anche dall’Est, proprio quell’Europa dell’Est che in Italia è vista come focolaio di ladri e ubriaconi. La più toccante è sicuramente quella di un papà rumeno che si è ridotto a dormire al dormitorio e a lavorare quel tanto che basta per riuscire ad inviare a casa 200 euro per le tasse universitarie semestrali dei suoi figli, i quali lo ripagano ottenendo il massimo dei voti. Sempre dalla Romania è arrivato in Italia un operaio, assunto poi dalla FIAT di Cassino. Talmente abile nel padroneggiare l’italiano che quasi potrebbe essere scambiato per un nostro connazionale; è stato per due mesi in cassa integrazione e per pagare le sue spese e gli alimenti alla moglie, dal quale è divorziato, si è ridotto ad arrangiarsi in strada. In questo ultimo periodo ha ripreso a lavorare per la FIAT ma quando può torna sempre il venerdì dai ragazzi della Comunità di Sant’Egidio, ai quali è legatissimo. Ancora dalla Romania arriva un’altra storia di vita: il racconto di un professore di matematica, con una cultura sopraffina e smisuratamente devoto, tanto da preferire spesso il momento della preghiera alla piccola “ressa” che si crea durante la distribuzione del cibo.

Ma il venerdì al rituale incontro con la Comunità non partecipano solo stranieri, è infatti molto cospicuo il numero degli italiani. E proprio dall’Italia, precisamente dalla Bassa Irpinia, arriva una storia molto particolare. E’ il racconto della vita di una signora sulla sessantina, che dopo il litigio con i figli si è vista crollare il mondo addosso; aiutata dai ragazzi della Comunità, è stata presa poi sotto l’ala protettrice di suo padre e dei suoi fratelli ma non perde occasione per incontrarsi con i volontari il venerdì per scambiare quattro chiacchiere in allegria, un modo per coltivare un rapporto di amicizia.

Ultimamente vi abbiamo parlato senza sosta di Marcela, una donna senzatetto che dormiva sotto un portico di una banca a Nola. Grazie ai nostri appelli, alla solidarietà dei cittadini, ma soprattutto grazie ai ragazzi della Comunità, la donna ha trovato una sistemazione e forse un lavoro, sopravvivendo per più di due settimane in mezzo alla strada. La donna si è rivelata essere laureata, capace di parlare 5 lingue, madre e viaggiatrice instancabile, con un passato di 5 anni nel bellissimo territorio israeliano.

Chi l’avrebbe detto? È davvero giusto giudicare un libro dalla copertina? È davvero giusto fare di tutta l’erba un fascio? Se uno straniero si ubriaca e spacca una vetrina, è davvero corretto pensare che tutti siano così? E’ davvero giusto lasciare che queste persone diventino degli addobbi o, peggio, che vengano puniti con delle botte? Non stiamo parlando di fioriere, ma di persone, spesso con cultura e preparazione superiori alla media delle persone che li giudicano. In molti sbarcano in Calabria e raggiungono le nostre zone, aiutati soprattutto a Nola dalle moltissime associazioni di volontari di cui vi abbiamo parlato.  Oggi è l’ultima sera in cui il dormitorio per i senzatetto a Nola può restare aperto, è finito infatti il periodo di funzionamento concordato nel progetto che l’ha fatto sorgere; non si sa queste persone (circa 20) dove andranno, se troveranno sistemazione da amici, in un altro dormitorio o per strada. Dimenticati e dietro le quinte, persone oltre tutto e tutti. Commozione, dignità e rispetto: tre ingredienti per la ricetta del vivere civile che forse ultimamente è sfuggita di mano a non poche persone.

 

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