Sconnessi è un film di genere commedia del 2018 diretto da Christian Marazziti che ha per interpreti principali Fabrizio Bentivoglio (Ettore Ranieri), Ricky Memphis (Achille Catenacci), Carolina Crescentini (Margherita Catenacci), Stefano Fresi (Palmiro Catenacci), Eugenio Franceschini (Claudio Ranieri), Antonia Liskova (Olga), Benedetta Porcaroli (Stella), Giulia Elettra Gorietti (Tea), Lorenzo Zurzolo (Giulio Ranieri), Daniela Poggi (Franca) e Maurizio Mattioli (Aldo, il portiere). Con un incasso di circa 1,2 milioni di euro in patria il film vanta una candidatura ai Nastri d’Argento.
TRAMA Ettore, noto scrittore, guru dell’analogico e nemico pubblico di Internet, in occasione del suo compleanno porta tutta la famiglia nel suo chalet di montagna. Il suo intento è cercare di creare finalmente un legame tra i suoi due figli Claudio, giocatore di poker online, e Giulio, liceale nerd e introverso, con la sua seconda moglie, la bella, giovane e un po’ naif Margherita, incinta al nono mese. Al gruppo si aggiungono Achille, fratellastro di Margherita appena cacciato di casa dalla moglie, e Tea, giovane fidanzata vegana di Claudio e devota fan di Ettore. Arrivati allo chalet, trovano Olga, l’affidabilissima tata ucraina, con la figlia Stella, adolescente dipendente dai social network. Ultimo membro aggiunto al gruppo è Palmiro, fratello bipolare di Margherita e Achille, scappato dalla casa di riposo. Ognuno dei personaggi, eccetto Ettore e Olga, è accomunato dalla dipendenza ossessiva per il web e quando una tormenta di neve fa saltare la connessione allo chalet la convivenza forzata diventa un’occasione per ricucire vecchi rancori e riscoprire la vera vita fuori dallo schermo in pixels.
“Quante volte viene toccato lo schermo di un cellulare ogni giorno? 2600. Sapete quante di queste sono necessarie alla nostra vita? 14“
ANALISI L’assenza di connessione internet è lo strumento principale della trama per mettere a nudo i caratteri dei personaggi, soprattutto le loro insicurezze, i loro segreti e contrasti. L’azione scorre veloce e fin da subito mette lo spettatore di fronte al tema affrontato. L’intento di far ridere si vede nella esilarante rappresentazione della dipendenza dalla rete quando questa sparisce. Qualche emozione inizia a farsi vedere nella riscoperta di quei piccoli aspetti della vita vera che precede un lento recupero di affetti da tempo ignorati. Ma le risate sono momentanee ed un colpo di scena non del tutto inaspettato riporta a galla i rancori dimostrando quanto nessuno sia privo di difetti. La commovente scena che anticipa il rientro al presente digitale riaccende la speranza di un corretto uso della tecnologia che non tralascia quello che davvero conta e che si trova fuori dal display.
PROGRESSO – REGRESSO Il termine nomofobia (formato col suffisso –fobia unito ad un prefisso inglese abbreviazione di no-mobile) è stato coniato da Stewart Fox-Mills, responsabile del settore telefonia di Post Office Ltd (ramo di Royal Mail, già poste del Regno Unito) in occasione di uno studio commissionato da YouGov, un qualificato ente di ricerca britannico. Fondamentalmente si vuole indicare con il termine suddetto la paura incontrollata di rimanere sconnessi dalla rete di telefonia mobile. I risultati di questo studio, su un campione di circa 2163 persone, hanno rilevato che quasi il 53% degli utenti di telefono in Gran Bretagna tendono a mostrare uno stato ansioso quando “perdono il cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete”.
UNO STIMOLO A RIFLETTERE Il difficile rapporto fra i membri di una famiglia allargata (il patriarca è divorziato e sposato in seconde nozze) è un cliché praticamente classico nella commedia all’italiana e, se gli interpreti nel contesto sono impeccabili, il risultato è soddisfacente. Contrastare il progresso tecnologico, per quanto buone e valide siano le intenzioni, è impossibile ed inutile come a sue spese lo impara il personaggio di Bentivoglio quando viene smascherato verso il finale. Se davvero si vuole muovere un’accusa, allora gli imputati siamo noi stessi che, deviati dall’illusione di futili comodità offerte da un cattivo uso del web, finiamo col perdere progressivamente la nostra stessa natura umana, piena di difetti ma anche di virtù se coltivate e non ignorate.
Mai come ora si deve riflettere sul cattivo uso della tecnologia che, quando non è riservata al consumo fine a se stesso ma soprattutto deve soddisfare i bisogni (NON I CAPRICCI!) primari essenziali, indubbiamente offre grandi vantaggi per risolvere i problemi. Ripensare a come internet abbia permesso di restare vicini a distanza durante la tragedia della pandemia di Covid-19 (CHE NON È AFFATTO FINITA!) aspettando il commovente finale rende questo prodotto nostrano, se non un capolavoro, un piccolo stimolo a ridurre la nostra condanna ad indegni epigoni di un’umanità in degrado totale.
“Approfittiamo per fare qualcosa di sociale e non di social!”
SOCIAL(E)MENTE DA VEDERE.