E’ stato presentato in settimana, ricevendo un lungo applauso dalla sala stampa del Festival del Cinema di Venezia, il film di Michele Santoro che racconta la piaga sociale che colpisce alcuni giovanissimi napoletani che creano e si uniscono alle paranze dei baby gangster. Robinù, questo il titolo del film, descrive la cruda realtà che affligge il capoluogo partenopeo e di cui molto spesso poco si racconta. Tutto ci viene descritto nel dettaglio dal giornalista Giovanni Bianconi che sulle pagine del Corriere della Sera scrive:
Un racconto vivo e dal vivo di giovanissimi gangster imbevuti di un nichilismo senza aspettative e senza rimorsi. Storie vere e facce vere, come quella del giovane infatuato del mitra, u kalà: “Con quello in mano non hai paura di niente, tiene 33 botte, è come camminare blindato”. Una scrollata di spalle: “È bellissimo, è come avere una macchina a benzina invece che a diesel. È come abbracciare Belén”. Frasi che racchiudono l’intero orizzonte di quella malavita: armi, donne e motori. Chi vedrà questo film non potrà più fare finta di non sapere, alla notizia del prossimo omicidio sotto il Vesuvio. Né potrà stupirsi o scandalizzarsi. Gli basterà ricordare quel volto quasi inespressivo che svela: “La prima pistola l’ho avuta a 15 anni. Me l’ha data un ragazzo che mi voleva spiegare come si vive a Napoli. È morto sparato”.
di Vincenzo Persico