L’Academy Award di Hollywood, con una decisione senza precedenti, ha stabilito nuovi requisiti per assicurare l’equa rappresentanza di origine, genere, orientamento sessuale e persone con disabilità. A partire dal 2024, i lungometraggi dovranno rispettare questi nuovi parametri per essere candidabili all’Oscar. La rappresentanza delle diversità dovrà essere assicurata a tutto tondo, dal cast alla troupe coinvolte nella realizzazione della pellicola, passando per la produzione, il marketing e la distribuzione. A portarsi a casa l’ambita statuetta saranno i film che “includono” di più. Come dire non vince chi è più bravo o ha più talento, ma chi sa essere politicamente più corretto.
Ad esempio, nella categoria miglior film, la più ambita nonché l’unica per cui votano tutti i membri dell’Academy, saranno premiate solo le pellicole in cui almeno uno dei protagonisti appartiene a minoranze etniche (in alternativa, il 30% del cast dovrà essere composto da donne, lgbtq+, disabili).
La riforma intende favorire l’inclusione di gruppi sottorappresentati a Hollywood come donne, afroamericani, ispanici, disabili, appartenenti alla comunità lgbtq+. Ma sui social molti si schierano contro questa decisione, considerandola antimeritocratica. Su Twitter, l’attrice statunitense Kirstie Alley ha definito la decisione “orwelliana”, precisando che si tratta di “una disgrazia per gli artisti di tutto il mondo”.
Il presidente dell’Academy David Rubin e il ceo Dawn Hudson hanno invece dichiarato che questo nuovo format “all inclusive” «vuole riflettere l’eterogeneità della popolazione globale. Riteniamo che questi standard di inclusione saranno un catalizzatore per un cambiamento essenziale e duraturo nel nostro settore». Ricordiamo che la riforma voluta dall’Academy arriva cinque anni dopo le polemiche sugli “Oscar So White” (gli Oscar troppo bianchi) che avevano fatto discutere per l’assenza di rappresentanti di colore fra i candidati.
Un’accusa che quest’anno ha coinvolto anche Venezia, tacciata per la mancanza di giurati afroamericani. Il direttore della mostra Alberto Barbera ha replicato: «Hanno i nervi scoperti in America su questo, ma non sono nostre ossessioni. Abbiamo una lista da mostrare di tutte le persone contattate, afroamericani compresi, che non hanno potuto accettare per ovvie difficoltà di viaggio».
Quelle di Hollywood non sono comunque le prime riforme in questo senso. Solo poche settimane fa la Berlinale (Festival del Cinema di Berlino) aveva annunciato che dall’edizione 2021 non distinguerà più fra il premio alla miglior attrice e quello al miglior attore, ma assegnerà un unico premio “alla miglior interpretazione protagonista”, che potrà andare a donne, uomini e a persone che non si riconoscono in nessuno dei due generi.
Le produzioni stanno già cominciando ad autoregolamentarsi per evitare di essere tacciate di “non inclusione” e i cast multirazziali stanno ormai diventando la norma, come dimostra l’esempio di Tenet, ultimo film di Nolan, dove i tre buoni rispettano la parità di colore: un bianco, un nero, un indiano).
Di seguito un’analisi più specifica dei severi requisiti d’inclusione stabiliti dall’Academy.
Lo Standard A prevede tre criteri. Il primo richiede che almeno un attore principale o non protagonista appartenga a un gruppo razziale o etnico sottorappresentato: asiatico; ispanico/latino-americano; nero/afroamericano; indigeno/nativo americano/nativo dell’Alaska; mediorientale/nordafricano; nativo hawaiano o altro isolano del Pacifico. Il secondo criterio richiede che su tutto il cast nel suo insieme almeno il 30% degli attori impegnati in ruoli secondari e minori provenga da gruppi sottorappresentati: donne, gruppo etnico/razziale; lgbtq+; persone con disabilità cognitive o fisiche o sorde. Il terzo criterio riguarda invece direttamente la trama del film: la narrazione principale dovrà essere incentrata su un gruppo sottorappresentato (donne, lgbtq+, ecc..). Basterà rispettare uno dei tre criteri per ottenere lo standard A.
Lo Standard B riguarda invece la leadership creativa e il team del film. Anche qui sono tre i criteri previsti (e anche qui ne basterà uno per ottenere lo standard) nei quali dovranno essere presenti categorie sottorappresentate. Si va dal primo criterio, dove almeno due posizioni di leadership creativa e capi dipartimento – dal casting alla fotografia, dall’editor alla scenografia, passando dagli effetti visivi – dovranno appartenere ai sottogruppi elencati nello standard A. Secondo e terzo criterio dello standard B riguardano invece posizioni generiche all’interno dei vari comparti produttivi dove dovranno apparire almeno sei elementi dalle categorie sottorappresentate; il terzo criterio prevede infine che almeno il 30% dell’intera troupe appartenga alle categorie sottorappresentate.
Standard C e Standard D riguardano l’apprendistato regolarmente retribuito e le opportunità di stage, non solo nell’ambito della creazione del film ma anche nel settore marketing e pubblicitario del lancio del prodotto. Per poter essere candidati agli Oscar, bisognerà quindi mostrare la propria idoneità avendo adempiuto ad almeno due tra gli standard A, B, C, D. L’Academy precisa anche che per le categorie lungometraggi d’animazione, documentari, lungometraggi stranieri, ci sarà una valutazione separata.