Dopo l’ultima operazione antimafia nel Nolano, che ha portato alla confisca di 6 milioni di euro a due coniugi legati al clan Cava, siamo andati ad analizzare l’ultima relazione antimafia disponibile sul sito della DIA (Direzione Investigativa Antimafia), risalente al secondo semestre del 2018. 568 pagine di relazione al Parlamento sui legami tra clan e la loro egemonia territoriale in tutta Italia (mafia campana, calabrese, siciliana e così via). In Campania resta inestricabile la matassa di collegamenti malavitosi nella provincia di Napoli. Solo nella città di Napoli vengono identificati più di 40 sodalizi camorristici. Si legge infatti nella relazione:
Le dinamiche criminali della camorra continuano ad essere particolarmente complesse. Coesistono, spesso nella stessa zona, gruppi diversi per struttura e scelte operative: accanto a sodalizi minori, prevalentemente dediti al controllo di attività illecite sul territorio di rispettiva influenza, operano storiche e strutturate organizzazioni (come i MAZZARELLA, i LICCIARDI e i CONTINI, presenti nel capoluogo partenopeo; i MALLARDO, i MOCCIA, i NUVOLETTA, i POLVERINO e gli ORLANDO, nella provincia; i CASALESI nel casertano), sempre più proiettate ad estendere il loro raggio d’azione in altre regioni e all’estero.
Nel casertano invece permane il forte radicamento dei principali gruppi, uniti nel cartello dei Casalesi (con al vertice le famiglie Schiavone, Zagaria, Iiovine, Bidognetti), che mantengono il controllo territorio facendo ricorso a estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, gestione del gioco e delle scommesse d’azzardo. A tali illeciti, il cartello è riuscito nel tempo ad affiancare forme di condizionamento della realtà politica locale. I Casalesi risultano legati ad altri due potenti gruppi napoletani, i Moccia di Afragola e i Mallardo di Giugliano.
Nel Salernitano vengono identificati circa 15 gruppi criminali, tra cui, oltre allo storico clan D’Agostino nel capoluogo, si segnalano i Marotta nella zona di Agropoli, i Pecoraro nella Piana del Sele, i Genovese nella valle dell’Irno e i Graziano Serino nell’agro Sarnese.
Nella provincia beneventana non si sono registrati mutamenti: si conferma la presenza, nella valle Caudina, dei gruppi Sparandeo, Pagnozzi, Nizza e Saturnino – Bisesto, mentre nella zona di Montesarchio e Bonea sono attivi gli Iadanza-Panella; nella valle Telesina, infine, sono presenti gli Esposito.
La malavita avellinese è legata a diverse dinamiche regionali, tra cui quelle della zona nolana e vesuviana. Nel capoluogo opera il clan Genovese, con proiezioni anche su territori adiacenti, mentre a Quindici si conferma la presenza, storicamente radicata, degli antagonisti clan Graziano e Cava: il primo ha proiezioni anche nell’alta Valle dell’Irno (al confine tra le province di Salerno ed Avellino) e nel Vallo di Lauro; il secondo estende la sua influenza anche nell’agro vesuviano e nolano (fino a Saviano, Scisciano, Roccarainola) tramite la famiglia Sangermano. Nella Valle Caudina opera il clan Pagnozzi (operativo anche a Roma), con proiezioni nelle province di Benevento, tramite sodalizi satellite, e Caserta, attraverso storici rapporti con il cartello dei Casalesi e con gruppi di Marcianise.
Nella zona del Nolano resta egemone la supremazia del clan Fabbrocino di San Gennaro Vesuviano (con poteri fino a Palma Campania e Ottaviano), mentre nella zona mariglianese si registra la presenza radicata del clan cosiddetto “dei Mariglianesi“, operativo anche a Brusciano e a Cisterna e legato in parte al clan dei Mazzarella.