Si fa fatica ad elencare gli episodi di razzismo in questo ultimo periodo in Italia. Sono tanti, curiosamente tutti raccolti in un piccolo arco temporale. La realtà dei fatti è che sono solo quelli che hanno fatto rumore; tanti, troppi sono invece quelli che quotidianamente restano nascosti e silenti. Eppure ci sono. Fanno parte, ahimè, di una sottocultura italiana che sta prendendo sempre più piede.
Gli ululati a Balotelli non sono i primi e forse non saranno gli ultimi; gli insulti ai bambini di colore a scuola, in autobus e sui campetti di calcio, purtroppo, non sono nuovi alle cronache; le aggressioni immotivate alle persone di colore vanno avanti da mesi. Il clima di odio che si è creato non è nuovo ma è diverso: è giustificato e legittimato. Le idee politiche diverse sono alla base della democrazia, ma non bisogna dimenticare quella italiana è fondata sui diritti umani e sulla loro protezione. Sminuire le unioni civili come ha fatto la Meloni, ad esempio, è pura propaganda politica: etichettare gli omosessuali e ridimensionare le battaglie degli ultimi anni li rende cittadini di Serie B, diversi, secondi.
La società italiana è ormai bombardata da facili slogan, da racconti che delineano una “società della paura“, sempre sotto attacco da qualcuno o da qualcosa che punta a privarci delle nostre tradizioni. Gli echi del fascismo ritornano in auge: in questo clima di confusione, in cui il futuro e il presente creano timore, nulla è più facile che rifugiarsi nel passato. L’Italia, però, dall’alto della sua importanza politica e socioculturale, non si può permettere di fermarsi o tornare indietro.
Bisogna andare avanti nel segno del confronto e della concretezza. Non lo si potrà fare se però le figure politiche legittimano questi toni, se non attaccano duramente gli episodi di razzismo e fascismo, limitandosi ad una flebile ramanzina (il rischio di perdere l’elettorato dell’estrema destra, per alcuni, è troppo forte). Balotelli non è sicuramente il paladino dei diritti umani ma l’ex ministro Salvini che tira in ballo senza pudore gli operai dell’Ilva è semplicemente sconcertante (“Un operaio Ilva vale più di 10 Balotelli”). Curioso che lo abbia detto proprio quando sono ricominciate le problematiche contrattuali a Taranto, con operai in protesta e continui tavoli di trattative. Così come sono scioccanti le parole del capo ultras veronese che parla di folklore, di goliardia, di un “Balotelli mai del tutto italiano“.
Le parole sono importanti, pesano, sia in tv che in strada con il venditore di rose. Le parole in Italia stanno perdendo valore; eppure, contestualmente, stanno diventando lance, armi di distruzione di massa. Ora basta, ora bisogna scegliere, è arrivata l’ora di dirlo forte, di scegliere da che parte stare. NO AL RAZZISMO.