Scriveva Giorgio Bocca: “È possibile a Napoli pranzare in un educato silenzio, magari prendendo appunti di quel che ti dice un tuo commensale? No, non è possibile, perché “pur isso adda campa’“.
Isso è uno con la chitarra che si avvicina al tuo tavolo, sorridendo fra i sorrisi affettuosi dei camerieri suoi amici”.
In effetti non poter terminare un discorso senza essere interrotti, è una delle irritanti e frustranti abitudini che si riscontra non solo facendo 4 chiacchiere al bar ma anche nel bel mezzo di una discussione importante tra politici e uomini di cultura.
Perché è il sintomo di una mancanza di attenzione e di ascolto verso ciò che l’altro dice, e manifesta il febbrile desiderio di imporre la propria idea senza prima aver ascoltato e elaborata quella dell’altro.
Perciò sempre più spesso le discussioni, anche su temi seri , si riducono a un vociare caotico di gente con poche idee e confuse.
Altra collocazione trova la conversazione o discussione interrotta dalla percezione di un problema esterno alla discussione in sé.
Per esempio: quando mentre si discute, accade di essere interrotti dal richiamo di una persona che chiede aiuto. Che nella cultura napoletana profonda si identificava con un” pure Isso addà campà”.
Dove per Isso si intendeva un estraneo .
Esterno o straniero è tutto ciò che vive fuori dal proprio ego. Che magari chiede di essere compreso ma solo in pochi , hanno l’empatia di farlo.
Ma forse non occorre essere particolarmente empatici per avere quella naturale predisposizione a essere attenti a ciò che non rientra nella sfera dei propri interessi.
Quella predisposizione che si chiama generosità, umiltà, elasticità mentale , duttilità del cuore.
Che alcuni confondono con la voglia di perdere tempo , senza considerare che il perder tempo ad ascoltare la propria umanità e quella degli altri, è proprio il tempo prezioso dell’ascoltare, che ci salverà da questo vociare caotico di poche idee e confuse