Lo stress lavorativo giustifica la maleducazione? I giudici hanno affrontato il caso di un bancario che, a seguito di demansionamento, aveva maltrattato alcuni clienti. Il comportamento aggressivo e maleducato del dipendente è determinato da una sanzione disciplinare in quanto comporta una violazione degli obblighi di diligenza e obbedienza su di questi gravanti in forza del contratto di lavoro. La sanzione deve essere proporzionata alla gravità della condotta e va valutata caso per caso. Il contratto collettivo nazionale può tipizzare determinate situazioni e stabilire le sanzioni da applicare. Tuttavia, nella valutazione del caso, è necessario valutare le motivazioni che hanno indotto il lavoratore a comportarsi in tal modo.
Si ha insubordinazione quando il lavoratore adotta un comportamento ingiustificatamente inosservante delle direttive impartite dal datore di lavoro o da un suo preposto, compresa la condotta maleducata nei confronti dei clienti. Non può parlarsi propriamente di insubordinazione nel caso in cui il lavoratore si rivolga ad un superiore gerarchico, sebbene in modo inappropriato, alzando la voce e mostrandosi aggressivo quando la contestazione è motivata e fondata. Un esempio può essere il caso di chi rileva l’inosservanza di misure di sicurezza sul luogo di lavoro o una situazione di scarsa igiene.
La giurisprudenza ha annullato il licenziamento dei dipendenti che per contestare il mancato pagamento dello stipendio, hanno dato delle brutte risposte ai propri superiori. Quindi, la situazione di stress, causata dalla violazione degli obblighi contrattuali, può anche giustificare il comportamento maleducato e aggressivo del dipendente, generando l’annullamento della sanzione disciplinare o una diminuzione della stessa.
Il Tribunale di Cremona, ad esempio, con l’ordinanza numero 1393 dell’11 ottobre 2023, ha stabilito che il licenziamento di un dipendente di banca per comportamenti aggressivi nei confronti dei clienti è illegittimo se questi ultimi derivano da un ambiente lavorativo stressante, generato da un provvedimento di mobbing o di demansionamento. Il tribunale ha ritenuto sproporzionato il licenziamento per giusta causa del bancario, riconoscendo che il suo comportamento, sebbene contrario alle norme di buona educazione, era una reazione al contesto lavorativo tossico. Pertanto, è stato riconosciuto al lavoratore un’indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo, calcolata secondo i parametri di legge. Non è stata accolta la richiesta di reintegra sul lavoro, invece, a causa delle modifiche introdotte dal Jobs Act.
La riforma del lavoro del 2015 stabilisce infatti che la reintegra sussiste solo quando il fatto non è stato commesso e non anche quando il comportamento è stato valutato in modo eccessivamente grave. In questa seconda ipotesi il lavoratore può ricevere solo un risarcimento del danno. Questa sentenza del Tribunale di Cremona evidenzia come le condizioni lavorative stressanti possano giustificare la condotta dei dipendenti e come i datori di lavoro acquisiscono una maggiore responsabilità nella tutela della salute mentale e fisica dei loro lavoratori.