Oltre 450 anni fa moriva in piazza Navona a Roma lo studente Pomponio Algeri (meglio noto come Pomponio de Algerio), nativo di Nola. Al pari del più illustre Giordano Bruno, il giovane studente di Nola fu uno dei più strenui difensori della libertà di opinione e pensiero, una difesa che gli valse purtroppo un tremendo supplizio finale. Nato a Nola da una famiglia benestante, dopo aver concluso i primi studi nella città si spostò a Padova. Tacciato sin da subito di eresia per le sue idee affini al Protestantesimo, si rifugiò in in Svizzera. Poco dopo fu però arrestato e tenuto prigioniero. Fu dapprima riportato a Padova e poi, dopo un lungo conflitto burocratico con il Vaticano, fu portato a Roma dove subì un nuovo processo. In entrambi i processi Pomponio non indietreggiò di un passo sulle sue convinzioni: riteneva che la Chiesa non fosse unica e che appartenesse a Dio e non al Papa e non riconosceva molti sacramenti. Molti diplomatici del tempo si meravigliarono della sua fermezza e imperturbabilità. Nonostante tutto, Pomponio fu condannato a morte dall’Inquisizione nel 1556, a soli 25 anni. Pomponio ebbe una morte terribile: secondo le testimonianze dell’epoca fu legato al palo del rogo e cosparso di olio bollente per la combustione. Morì tra le fiamme, come il filosofo conterraneo Giordano Bruno, il 19 agosto. Nella sua terra natia la sua storia è stata poco diffusa e non molti sono stati ad oggi gli omaggi alla sua memoria.
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