Da poco più di due settimane si sono riaperte le porte degli istituti scolastici italiani, inaugurando così il nuovo anno scolastico, non contrassegnato dalla stessa apprensione degli ultimi due nei confronti del Covid. Non si è parlato fino all’esasperazione di banchi a rotelle, mascherine, distanze ecc. Le normative a riguardo sono state rimandate alle decisione dei singoli dirigenti scolastici e c’è chi ha deciso di essere più restrittivo e chi meno. Eppure anche regole del genere possono portare a scontarsi e a dibattere su argomenti del tutto inaspettati e fuorvianti.
E’ quello che è accaduto nella scuola media Piazzi di Palermo. L’istituto è stato travolto da una marea di critiche, dovute ad una circolare della preside Aurelia Patanella. In essa si stabiliva di scaglionare gli ingressi per le alunne alle ore 8:00 e per gli alunni alle ore 8:03. Le motivazioni di questa scelta erano appunto le misure anti-Covid, ma ai genitori dei ragazzi della suddetta scuola media il tutto è sembrato insensato e poco plausibile e hanno giudicato questo criterio di scaglionamento come sessista e inaccettabile nel 2022. Sui gruppi Whatsapp è avvenuto il confronto tra di loro e si sono chiesti cosa fosse successo se ci fosse stato un ragazzo transgender, dove fosse l’inclusività.
La preside, dopo essere stata attaccata, si è giustificata, affermando: “Negli scorsi due anni le norme anti-Covid hanno imposto ingressi scaglionati per classi, quest’anno la normativa non lo prevede, ma resta la necessità di evitare assembramenti. Se avessi previsto l’ingresso scaglionato per piani o per classi non avrei comunque scongiurato gli assembramenti”.
Ha continuato, difendendo la sua posizione: “Avrei potuto scegliere il criterio alfabetico, ma sarebbe stato molto più complicato per gli studenti. Il criterio per genere è una tradizione della nostra scuola. E’ chiaro che se viene un bambino vestito da bambina, può entrare anche con le alunne. Noi non mandiamo via nessuno e mai lo faremo. Non accetto polemiche strumentali. È solo il modo più immediato per garantire l’ingresso ordinato e in sicurezza degli studenti”.
Ma è davvero così? Si può parlare di criterio di genere come tradizione? E tutto ciò può essere considerato inclusivo? E’ solo questione di vestirsi con abiti femminili o maschili? Probabilmente si sarebbe ottenuto lo stesso risultato con altre modalità, che, però, non avrebbero toccato la sensibilità di nessuno, soprattutto in un momento delicato come quello di ragazzi frequentanti le medie, che iniziano ad approcciarsi agli altri e a scoprire la propria sessualità e la propria identità. Sicuramente scaglionare gli ingressi per cognome o per classi sarebbe stato più lungimirante e avrebbe magari inaugurato una “tradizione” più diplomatica per tutti.
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