Ad Aniello Martino, vecchio compagno d’armi, che cadde con me prigioniero nella disperata battaglia di Tobruk il 21/1/1941.
Tetra la sera del ventun gennaio
Del millenovecentoquarantuno
Li contai i miei fanti ad uno ad uno
Tra le postazioni del mortaio
Nell’immenso fronte polveroso
Triste vagava un alito di morte
E si strinsero i fanti forte forte
In un muto abbraccio silenzioso!
S’udì nel cielo un rombo di motori
D’apparecchi nemici bombardieri
E sembravan enormi uccelli neri
Dai sinistri apocalittici rumori!
Poco distante giù nella rada
Come crateri ardenti di vulcani
Vomitava l’empio mar degli strani
Bagliori su tutta la contrada
E crepitò furente la mitraglia
Su la trincea impavida e negletta
Scoppiò la furia sul campo maledetta
Della drogata vile soldataglia!
E durò dieci ore la battaglia
In quel marasma di polvere e di fuoco
Finchè tornò ‘l silenzio poco a poco
Come timida di calma un’avvisaglia!
Era quasi l’alba allorchè a raccolta
Io li chiamai i miei cento combattenti
Ma sol’io in nove ne vidi sull’attenti
Che la gloria baciò uno per volta!
Con questa parole Pietro Luise si rivolgeva al soldato amico Aniello Martino, di Nola. Una disperata battaglia, quella di Tobruk, che portò via tanti giovani italiani in una guerra che provocò solo distruzione e dolore. Quanti figli non tornarono a casa? Quanti morirono per le scelte scellerate della dittatura? Una generazione intera mandata al macello imbonita da proclami di superiorità. La Liberazione permise all’Italia di ridar vita ai propri ideali di libertà e democrazia. Alleati e partigiani liberarono i milioni di civili messi in ginocchio dalla guerra. Ma tutto quello che era successo prima non fu mai dimenticato e i drammi familiari furono inqualificabili. In ricordo di tutti gli italiani morti prima di essere liberati, in ricordo di tutti quelli morti per la liberazione. L’orrore della guerra ci faccia riflettere e non ci faccia fare nuovamente gli stessi insani errori.