Phu Quoc: il mio “Truman Show” in Vietnam

di Luca Marro

Che è successo dall’ultima volta che ho scritto? Non tanto. Olly ha vinto Sanremo, il Papa forse è morto (così almeno dicono i complottisti), Trump fa Trump e, cosa più importante di tutte, mi sono riappassionato alla saga di Harry Potter. Mi ci sono talmente fissato che mi sto rileggendo i libri. Una fatica enorme. Forse è proprio per questo che mi è venuta l’idea di farmi un giro in Vietnam. Mi serviva un break, il peso letterario di Harry Potter era diventato troppo grande da gestire. E allora da Hanoi sono andato per qualche giorno a Phu Quoc, un’isoletta nel sud del paese. E, anche se mi piacerebbe raccontare di un’esperienza indimenticabile, la verità è che non ne sono tornato contento. Ne sono rimasto un po’ deluso. Sono partito con l’idea di rilassarmi, di concedermi quel dolce far niente che sembra sempre così attraente. E invece mi sono ritrovato su un’isola paradisiaca che, sì, era bellissima, ma che offriva solo quello che faceva vedere. Provo ad essere più chiaro.

Il posto era stupendo, niente da dire. Il problema è che sembrava svuotato della sua anima. Eravamo in Vietnam perchè così mi diceva Google Maps. Ma se fossi dovuto andare a sensazione, non ne ero così sicuro. Niente di quello che stavo vivendo mi sembrava autentico, in certi momenti mi pareva di stare in un Truman Show fatto male. L’isola era fatta apposta per i turisti, e si sentiva. Anzi, si vedeva. Identica a un milione di altre mete di vacanza in giro per il mondo. E allora mi sono chiesto, ma che cos`è che mi spinge a fare migliaia di kilometri per finire poi in posti vuoti di senso, ma pieni zeppi delle stesse persone dalle quali sto cercando di scappare?

Per rispondere onestamente, ho ripensato a quello che mi sono detto prima di prenotare: “Voglio una settimana di pace e tranquillità in Asia. Un posto esotico a buon prezzo dove non faccio niente e mi riposo. No stress. Sole, mare, silenzio. Questo è il piacere massimo della vita”. Probabilmente non sono stato l’unico a fare questa pensata. Altrimenti non si spiega perchè in migliaia, tutti insieme, tutti uguali, ci siamo ritrovati in questa isola sperduta dall’altra parte del mondo a fingere di vivere un’avventura unica e originale. Ed è da qua che nasce la mia delusione. Non sono deluso con il posto, almeno non in primis. Sono più deluso con me stesso. E’ difficile da ammettere, ma per quanto mi piaccia fare il fenomeno, mi sono fatto fare fesso. Ma ancora una volta, non dal Vietnam. Da me stesso. E sono due!

Ho creduto a uno dei tanti bisogni indotti che mi si sono creati addosso: la vacanza a dieci metri dal mare, con il suono delle onde che finalmente mi rilassa e mi regala quel relax impossibile da raggiungere nella vita normale. Quasi a dire che per stare in pace con me stesso devo per forza nascondermi in vacanza, altrimenti non ce la potrei mai fare. Sono anni che credo a questa bugia. E vado addirittura oltre, nella vita di tutti i giorni mi muovo e faccio cose, sono quasi costretto a farle. In vacanza, invece, no, non si fa niente per antonomasia. Mi devo rilassare, così una volta a casa posso ritornare a quelle abitudini che mi stresseranno poi per tutto il resto dell’anno.

Assurdo, no? Eppure quest’idea è stato il faro invisibile che ha illuminato la maggior parte dei miei viaggi. Da sempre sono inconsciamente alla ricerca di una pace zen formato vacanza, invece di lavorare per costruirmela giorno per giorno. Mamma mia, appena mi metto a riflettere su un qualsiasi argomento scopro sempre che sto a fare qualcosa di sbagliato. Ma come è possibile? Manco se lo facessi apposta riuscirei a fare così tanti danni. Ora pure le vacanze sono diventate una cosa complicata. Forse era meglio mettersi a leggere Harry Potter invece che subire sto terrorismo psicologico da me stesso. Sai che ti dico, ora per ripicca rivado in vacanza in un posto magnifico. Già ho organizzato, ma non scrivo niente. Così per una volta non sto a flagellarmi per le cose sbagliate che faccio. Qua ogni volta è la stessa storia…

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