Patrick Zaki, attivista egiziano e studente all’Università di Bologna, è stato graziato dal presidente egiziano Al-Sisi. Arrivato nel febbraio 2020 al Cairo, era stato poi arrestato, probabilmente torturato e non più tornato in Italia. Ripercorriamo le tappe giudiziarie della sua intricata vicenda. Nato il 16 giugno 1991 a Mansura, in Egitto, da genitori di religione cristiana ortodossa copta, Patrick George Zaki ha studiato nel suo Paese d’origine ottenendo la laurea in farmacia alla German University del Cairo.
In occasione delle elezioni presidenziali egiziane del 2018, Patrick fu uno dei promotori della campagna elettorale di Khaled Ali, avvocato e attivista politico impegnato nella difesa dei diritti umani che successivamente ritirò la sua candidatura a causa delle minacce e degli arresti di molti suoi collaboratori. Zaki è stato membro dell’associazione per la difesa dei diritti umani Egyptian Initiative for Personal Rights, con sede a Il Cairo, e nel 2019 si era trasferito a Bologna per frequentare un master universitario in studi di genere. Il 7 febbraio del 2020, non appena atterrato all’aeroporto del Cairo, viene fermato da agenti di polizia egiziani.
Dopo diverse ore di sparizione forzata, ricompare l’ 8 febbraio davanti alla procura di Mansura per la convalida dell’arresto. Era accusato di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. Zaki, secondo l’accusa, sarebbe stato attivo all’estero per scrivere una tesi sull’omosessualità e per incitare contro lo Stato egiziano. Al suo primo interrogatorio il suo avvocato ha riferito che Zaki è stato bendato e torturato per 17 ore di fila con colpi allo stomaco, alla schiena e con scariche elettriche inflitte dalle forze di sicurezza egiziane, oltre a essere stato interrogato riguardo la sua permanenza in Italia, del suo presunto legame con la famiglia di Giulio Regeni e del suo impegno politico, venendo inoltre minacciato di stupro. Accuse che, poi, gli inquirenti hanno negato.
Dopo una breve detenzione a Talkha, il 25 febbraio Zaki è stato condotto nel carcere di Mansura e successivamente in quello di Tora, al Cairo. Dopo vari rinvii delle udienze a causa del Covid, il 14 settembre del 2021 Zaki compare davanti ai giudici, dove la Procura suprema per la sicurezza dello stato ha contestato un’unica accusa, ovvero, quella di “diffusione di false notizie dentro e fuori il Paese”, riferendosi ad un articolo, a firma di Zaki, pubblicato nel 2019 sul giornale libanese Daraj.
Il 7 dicembre di quello stesso anno, il tribunale ordina la scarcerazione di Zaki, stabilendo che il giovane ricercatore poteva rimanere in libertà per la restante durata del processo. Le sua condizioni di vita iniziarono a migliorare. Nei primi mesi della pandemia, nella primavera 2020, il ragazzo fu costretto a dormire per terra, usando coperte come materasso e soffrendo forti dolori alla schiena e ricevette la prima visita dei parenti solo dopo cinque mesi e mezzo di reclusione. Quello fu un periodo nero, il giovane ricercatore rischiava 25 anni di reclusione.
Il 18 luglio è stata emessa la condanna definitiva a tre anni di carcere, in teoria inappellabile, ma soggetta alla valutazione di un governatore militare e del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Il 5 luglio 2023, nel frattempo, Zaki si era laureato dall’Egitto. I legali hanno annunciato ricorso fin dal principio e il governo italiano si è attivato per risolvere in maniera positiva la vicenda di Patrick Zaki e anche il giorno della condanna definitiva, il 18 luglio 2023, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva rinnovato il suo impegno. La premier aveva già incontrato il Presidente Al Sisi in occasione della Conferenza Mondiale sul clima Cop27 dello scorso autunno, commentando a Fanpage: “Sono stato contento quando la premier ha voluto parlare del rispetto dei diritti umani. Mi aspetto che tutti i leader mondiali lo facciano, anche perché la Cop27 deve essere un’occasione per parlare anche di giustizia. Ci sono centinaia di detenuti politici che sono innocenti“.
A poco più di 24 ore dalla condanna, un po’ a sorpresa, è poi arrivata la notizia della grazia concessagli dal presidente egiziano Al-Sisi con effetto immediato. Riccardo Noury di Amnesty International è sempre stato accanto a Patrick Zaki e, sempre a Fanpage, ha dichiarato: “Ci aspettavamo di tutto, un’assoluzione, un rinvio, una condanna. Noi abbiamo sempre detto che Patrick era imputato e in Egitto ‘imputato’ è sinonimo di ‘condannato’. Sappiamo che in quel tipo di tribunale in Egitto la sentenza non è soggetta ad appello o a ricorso in Cassazione, ma potrebbero esserci altre vie. Ad esempio c’è il precedente di uno studente dell’università di Vienna la cui condanna venne annullata e poi fu fatto un nuovo processo. Sul piano politico dobbiamo dire che dal giorno in cui Patrick è stato scarcerato, l’Italia come istituzione ha mollato completamente la presa su questa storia. Eravamo arrivati in piazza del Pantheon a Roma con un senso di angoscia, che si sta trasformando in qualcosa di diverso“.
Anche l‘arcivescovo card. Matteo Zuppi, in visita a Washington come inviato del Papa, ha espresso la sua gioia per la liberazione del giovane “nell’attesa di poterlo presto incontrare per rallegrarmi con lui e condividere la fede e la speranza”.
“I risultati non capitano mai a caso – ha invece aggiunto il ministro Tajani – Dalla prima visita che ho fatto in Egitto, uscendo da un incontro con al-Sisi, ho detto che ci sarebbe stata un’attenzione positiva sul caso Zaki, quindi oggi è arrivato un risultato positivo. Ripeto: contano i fatti. Per Zaki nessun baratto con il caso Regeni: siamo persone serie, continueremo a chiedere che si faccia luce”.
Il rettore dell’università di Bologna, Giovanni Molari ha inoltre affermato: “La notizia ci colma di gioia. Dopo l’angoscia di ieri, è un momento di insperato sollievo e di grandissima felicità per tutta l’Alma Mater. Speriamo sia la fine di oltre tre anni di attese e di speranze deluse. Ringraziamo tutti coloro che in questi anni non hanno mai smesso di sostenere Patrick con una mobilitazione costante e generosa. Ringraziamo il Governo per l’attenzione che ha dedicato alla vicenda di Patrick e tutte le persone che hanno contribuito a raggiungere il risultato odierno“.
Anche il senatore del Pd, Filippo Sensi, ha commentato interrompendo la seduta del Senato per comunicare la notizia: “Voglio esprimere la gioia di tutto il Senato per questo risultato. Voglio ringraziare tutti quelli che si sono spesi in questi anni per questo risultato. Ci tenevo a esternarlo all’Assemblea“.
Infine, è arrivato anche il commento di Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: “È una grande notizia quella della grazia concessa dal presidente egiziano Al-Sisi a Patrick Zaki, condannato ieri a 3 anni di carcere“.