Giorni infausti per la letteratura italiana. Dopo Camilleri, ci lascia anche Luciano De Crescenzo. Lo scrittore napoletano, classe 1928, originariamente ingegnere impiegato alla IBM e poi reinventatosi artista poliedrico, è morto giovedì 18 luglio a Roma alla soglia dei 91 anni (li avrebbe compiuti il 20 agosto), per le conseguenze di una polmonite.
Noi però oggi, in occasione dei suoi funerali, vogliamo concentrarci sulla sua vita e, in accordo con la sua tipica filosofia della positività, quello spirito sempre allegro e scanzonato (ma mai frivolo) che De Crescenzo ha sfoggiato in ogni pagina dei suoi libri, in ogni film, intervista e occasione mondana, cercheremo di parlarvene nel modo più leggero possibile, proponendovi otto significativi aneddoti sull’ex ingegnere napoletano.
1. LUCIANO E BUD De Crescenzo frequentò le elementari a Napoli assieme a un’altra personalità di spicco del panorama partenopeo, il compianto Carlo Pedersoli, meglio conosciuto come Bud Spencer. I due sono rimasti amici per tutta la vita e Bud compare anche nell’ultimo bellissimo documentario del 2016 dedicato allo scrittore, dal titolo Così parlò De Crescenzo.
2. DA INGEGNERE A SCRITTORE Alla soglia dei quarant’anni e dopo quasi un ventennio passato a Milano a lavorare in IBM in qualità di addetto alle pubbliche relazioni, De Crescenzo si rese conto che la sua vera vocazione non risiedeva nei freddi calcoli ingegneristici, ma nelle pagine della scrittura. Così, nonostante fosse stato appena promosso dirigente, decise di lasciare il suo lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla riscoperta passione letteraria, grazie anche all’interessamento di Maurizio Costanzo che promosse la sua opera prima, Così parlò Bellavista. Sappiamo tutti come è andata.
3. ISABELLA ROSSELLINI La donna che forse più di tutte è riuscita a far perdere la testa allo scrittore napoletano, grande amante delle belle donne, è stata Isabella Rossellini. «Nella mia vita ho pianto poche volte, una di queste accadde quando mi lasciò per trasferirsi in America» ha ammesso De Crescenzo, il quale comunque è rimasto sempre in ottimi rapporti con la Rossellini.
4. CITTADINO ATENIESE Amante della cultura classica, greca in particolare, in molti dei suoi libri De Crescenzo parla di miti, eroi, guerre, leggende, filosofi e tutto ciò che rientra nel grande calderone classicista. Per questa sua intensa opera di promozione e diffusione in tutto il mondo della cultura classica, nel 1994 la città di Atene gli conferì la cittadinanza onoraria. «Il mio amore per la filosofia greca nasce fin da quando ero ragazzino» ebbe modo di dire in quell’occasione De Crescenzo. «Con il passare degli anni mi sono reso conto che nel pensiero degli antichi abitanti dell’Ellade c’era già, almeno in embrione, tutto quello che è stato detto e sviluppato in seguito».
5. UN GRANDE RAMMARICO IN UNA CARRIERA PIENA DI SUCCESSI Se da un lato De Crescenzo si è sempre definito un «divulgatore», riconoscendo il carattere popolare della sua produzione letteraria («Credo di essere una di quelle scalette con soli tre gradini, che si trovano nelle biblioteche e che consentono di prendere i libri dagli scaffali che stanno più in alto»), dall’altro ha anche più volte rivendicato il valore e l’attendibilità del suo lavoro, a fronte di molti critici, specialmente italiani, che hanno spesso liquidato le sue opere come «trattatelli comici». Un grande rammarico per De Crescenzo quello di non aver mai percepito piena stima da parte del mondo accademico italiano in una carriera peraltro costellata di successi e riconoscimenti internazionali, tant’è che quando gli venne conferita la cittadinanza onoraria ad Atene, lo scrittore dichiarò: «L’onorificenza concessami dal Municipio di Atene, che in genere viene conferita solo ai capi di stato, dimostra che i miei libri sono giudicati in grado di divulgare i miti e il pensiero filosofico in maniera piacevole e accessibile a tutti, ma sempre sulla base di una corretta interpretazione storica e con i più aggiornati dati scientifici».
6. PROSOPAGNOSIA Nel corso della sua vita De Crescenzo ha sofferto di un disturbo neurologico chiamato “prosopoagnosia”, che impedisce a chi ne soffre di riconoscere i volti, anche familiari, in base alla sola fisionomia, benché il canale visivo del soggetto risulti perfettamente integro. Lo scrittore ha avuto modo di parlare più volte, e sempre con la sua immancabile ironia, delle situazioni paradossali in cui si è trovato per via della sua patologia. Ma lasciamo a lui la parola: «[…] Mi voltai e, guardando negli occhi la mia interlocutrice, le tesi la mano: “Piacere, De Crescenzo”. E lei, smarrita: “Lucia’, sono io, so’ Clara”. In effetti, guardandola con attenzione, riconobbi la mia unica sorella. Colpa della prosopoagnosia che, stando al greco — prosopos significa faccia, agnosia vuol dire non conoscenza —, è il disturbo che non ti fa riconoscere le persone dai soli tratti somatici. A me capita che la sera sto banchettando con qualcuno e il giorno dopo, se l’incontro in treno, non so chi sia e non lo saluto. E quello magari pensa: “Ma guarda ‘stu fetente e’ De Crescenzo. Ma che boria; ma chi si crede di essere?”». E ancora: «Qualcuno può pure chiamare la mia défaillance rincoglionimento senile. Non lo so».
7. ATTORE E REGISTA, FRA LE ALTRE COSE Se vi state chiedendo perché De Crescenzo compaia nella nostra #CinemaCourier, la risposta è molto semplice: oltre che uno scrittore, il poliedrico autore napoletano è stato anche regista e interprete dei due celebri film dedicati al professor Bellavista — Così parlò Bellavista, 1984 (di cui trovate la recensione qui), e Il mistero di Bellavista, 1985 —, del film a episodi 32 dicembre, 1988, e del meno conosciuto, ma considerato da una parte della critica come il suo film più riuscito, Croce e delizia, 1995. De Crescenzo ha inoltre lavorato come autore in televisione e come attore e sceneggiatore in vari altri film, fra cui Il pap’occhio per la regia di Renzo Arbore, 1980.
8. SONO STATO FORTUNATO Questo il titolo, emblematico della sua umile ironia, scelto da Luciano De Crescenzo per la sua recente autobiografia, pubblicata nel 2018 da Mondadori, pubblicizzata come il racconto di “un uomo che ha avuto la fortuna di nascere due volte, la prima come ingegnere e la seconda come scrittore”.
Se ne va in un torrido giorno di metà luglio uno degli ultimi simboli della cultura partenopea, scrittore capace di mettere la filosofia alla portata di tutti e di veicolare messaggi profondi con quella inimitabile ironia e spensieratezza per cui ce lo porteremo sempre nel cuore. Perché leggerezza non significa superficialità.
Buon viaggio, Luciano.