“48 ore a chiedere aiuto, a inviare messaggi disperati perché qualcuno li salvasse. 48 ore di mail inviate alle autorità competenti da parte della ONG Alarm Phone perché mettessero in moto i soccorsi. Quando la nave umanitaria Ocean Viking è arrivata sul posto, dopo ore di ricerca, ha trovato il gommone rovesciato e intorno decine di cadaveri. Siamo vicini alle famiglie delle persone che per 2 giorni hanno sperato per la propria vita. L’Europa ancora una volta ha creduto che non fossero importanti. Vergogna“. E’ la denuncia della ong spagnola Open Arms riguardo all’ultimo naufragio al largo della Libia. I soccorritori spagnoli fanno eco ad un’altra denuncia, ovvero quella della ong Sos Mediterranee che, a bordo dell’imponente Ocean Viking, si era preparata per il soccorso.
“Dopo ore di ricerca, la nostra peggiore paura si è avverata. L’equipaggio della Ocean Viking ha dovuto assistere alle devastanti conseguenze del naufragio di un gommone a nord est di Tripoli – hanno affermato i soccorritori su Instagram a corredo di una foto di un gommone ribaltato – Questa barca era stata segnalata in pericolo con circa 130 persone a bordo il mercoledì mattina. Nelle ultime 48 ore, il numero verde civile Alarm Phone ci ha avvisato di un totale di tre imbarcazioni in difficoltà in acque internazionali al largo della Libia. Tutti loro erano almeno dieci ore dalla nostra posizione al momento della ricezione degli avvisi. Abbiamo cercato due di queste barche, una dopo l’altra, in una corsa contro il tempo e in mari molto agitati, con onde fino a 6 metri. In assenza di un efficace coordinamento diretto dallo Stato, tre navi mercantili e l’Ocean Viking hanno cooperato per organizzare la ricerca in condizioni di mare estremamente difficili“.
“Da quando siamo arrivati sulla scena oggi, non abbiamo trovato nessun sopravvissuto mentre potevamo vedere almeno dieci corpi nelle vicinanze del relitto – ha dichiarato la coordinatrice delle ricerche e dei soccorsi della Ocean Viking – Abbiamo il cuore spezzato. Pensiamo alle vite perdute e alle famiglie che non avranno mai la certezza di ciò che è accaduto ai loro cari. Questa è la realtà nel Mediterraneo centrale: Più di 350 persone hanno già perso la vita in questo tratto di mare quest’anno, senza contare le decine di morti nel naufragio a cui abbiamo assistito oggi. Gli Stati abbandonano la loro responsabilità di coordinare le operazioni di ricerca e soccorso, lasciando che attori privati e la società civile riempiano il vuoto mortale che si lasciano alle spalle. Possiamo vedere il risultato di questa deliberata inazione nel mare intorno alla nostra nave“.