Il 6 febbraio 2023 è ricorsa la Giornata Internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Il professore Pantaleo Greco, Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale Sant’Anna di Ferrara ha dichiarato: “La comunità globale ha fissato l’obiettivo di abbandonare la pratica della mutilazione genitale femminile entro il 2030, nell’ambito degli ‘Obiettivi di sviluppo sostenibile’. È riconosciuto dall’OMS il ruolo chiave del personale sanitario nel sostenere e migliorare la salute e il benessere delle ragazze e delle donne che vivono ad oggi con le MGF (mutilazioni genitali femminili) e nell’attuare misure preventive volte a cambiare l’atteggiamento nei confronti di tale pratica”.
Ma è davvero così? In sette anni di tempo è possibile mettere fine a questa barbarie? Ad oggi, nel mondo, ci sono circa 200 milioni di bambine e ragazze ad averla subìta e altri 3 milioni di ragazze, con meno di 15 anni, rischiano di esserne vittime. Le MGF sono principalmente diffuse in Africa (con l’80 % dei casi) e in secondo luogo in Asia, ma non sono escluse: l’America Latina, l’America del Nord, l’Australia, la Nuova Zelanda e neppure, a differenza di quanto si possa pensare, l’Europa. In questi Paesi, molte famiglie immigrate continuano a perpetrare questa barbara tradizione dell’infibulazione; è considerata da alcuni un rito di passaggio, da altri un prerequisito per il matrimonio e da altri ancora una pratica religiosa.
Anche in Italia si ritiene che siano a rischio tra il 15% ed il 24% delle bambine e delle ragazze, tra 0–18 anni, appartenenti a famiglie provenienti da Paesi in cui questa pratica è in uso. Essa costituisce un atto estremamente traumatico, spesso svolto in condizioni igieniche discutibili e con strumenti improvvisati, che causa rischi immediati per la salute e complicazioni per tutta la vita, danni di tipo fisico, psichico e sessuale, come: problemi urinari e vaginali ricorrenti, infezioni, problemi mestruali, formazione di cicatrici e cheloidi, disfunzioni sessuali, aumentato rischio di complicanze durante il parto, sindrome depressiva e disturbo da stress post-traumatico.
Tale pratica è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani, alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica delle ragazze e delle donne e come una forma estrema di discriminazione di genere. L’Italia, con la Legge Consolo (n.7/2006), ha vietato l’esecuzione di tutte le forme di MGF e qualsiasi altra pratica che causi lesioni agli organi genitali femminili, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente. Questa legge, inoltre, impone una serie di misure preventive, di servizi di sostegno per le vittime e di iniziative di informazione e formazione. Anche nel resto del mondo proseguono campagne di sensibilizzazione affinché si proibiscano e si vietino dappertutto le MGF. Per il 2030 ci auguriamo che le cose siano diverse e che, in queste popolazioni praticanti, ci sia maggiore civiltà e umanità e meno arretratezza e ignoranza.