“Mr Holmes”: una commovente rilettura di un classico del giallo

di Vittorio Paolino Pasciari

Mr Holmes – Il mistero del caso irrisolto (Mr Holmes) è un film del 2015 diretto da Bill Condon . Il film ha per interpreti principali Ian McKellen (Sherlock Holmes), Laura Linney (Mrs Munro), Milo Parker (Roger Munro), Hattie Morahan (Ann Kelmot), Hiroyuki Sanada (Matsuda Umezaki), Patrick Kennedy (Thomas Kelmot), Roger Allam (dr. Barrie) e Frances de la Tour (Madame Schirmer). La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro A slight trick of the mind, scritto da Mitch Cullin e pubblicato nel 2005, uscito in due edizioni italiane: Un impercettibile trucco della mente (ed. Giano, 2005) e la più recente con il titolo omonimo del film (ed. Neri Pozza, 2015).

TRAMA Inghilterra, 1947. Il celebre detective Sherlock Holmes ha 93 anni ed ha abbandonato da tempo il suo impiego e la vita cittadina di Londra, ritirandosi nelle campagne del Sussex ad allevare api. L’anziano uomo vive con la governante Mrs Munro e suo figlio, il piccolo Roger. La curiosità e l’intelligenza del bambino lo incitano a riscrivere la storia del suo ultimo caso, la cui conclusione, rileggendo i resoconti scritti dall’amico dr Watson, non lo ha mai soddisfatto. In una lotta contro la memoria che lentamente lo sta abbandonando per effetto della vecchiaia, l’ex infallibile detective di Baker Street riporterà a galla i fantasmi di un drammatico episodio del passato che lo aiuteranno a riparare ai suoi errori per ritrovare un’insperata serenità.

ANALISI Un pilastro della letteratura giallo-poliziesca viene riproposto in una nuova versione in celluloide che riscrive un lato del personaggio che, per quello che si sa, non è stato mai affrontato nel cartaceo: la fine della carriera e la vecchiaia. L’azione scorre lenta e spazia, a fasi alterne attraverso un sapiente uso del flashback, dalla campagna all’area cittadina inglese. Il tempo che passa inesorabile viene sottolineato attraverso la progressiva perdita dei ricordi che minano le ineguagliabili capacità deduttive di un tempo. Ma, forse non a caso, è l’entusiasmo della curiosità infantile la molla che ridà nuova linfa alla mente dell’anziano investigatore consentendo di recuperare elementi traumatici ormai sbiaditi per risolvere l’ultimo caso rimasto in sospeso. Due piani di investigazione scorrono paralleli, uno nel presente e l’altro nei ricordi del passato, e conducono lo spettatore attraverso un intrigante ricostruzione di un enigma la cui soluzione può ridare riscatto ad un animo razionale che sembrava condannato alla solitudine. E se drammatica è la soluzione riscoperta, la tragedia si sfiora nel finale quando il piccolo aiutante offre il suo aiuto per risolvere un mistero domestico. Il colpo di scena dell’ultimo ricordo anticipa la commovente riscoperta di un’umanità perduta offrendo un’emozionante finale carico di speranza per vivere una vecchiaia serena grazie ad un’insperata amicizia.

OMAGGIO E RILETTURA Il ciclo di opere letterarie che vedono protagonista l’investigatore creato da Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930) è composto da 4 romanzi, in uno dei quali avviene l’esordio ufficiale (Uno studio in rosso, 1887), mentre nell’ultima delle 5 raccolte di 56 racconti (Il taccuino di Sherlock Holmes, 1927) è collocata l’ultima apparizione (L’avventura del fabbricante di colori in pensione). Per quello che è dato sapere in base alle fonti letterarie, l’autore non si è mai soffermato sulla vecchiaia o sulla giovinezza del suo personaggio più famoso. Per buona pace dei puristi fra i cultori delle pagine cartacee, il film riprende e rispetta fedelmente il metodo deduttivo adottato dal personaggio qui omaggiato da un impeccabile interprete che è Ian McKellen (Il codice da Vinci).

Sir Arthur Conan Doyle

Già Guy Ritchie dirigendo due volte, nel 2009 (Sherlock Holmes) e nel 2011 (Sherlock Holmes – Gioco di Ombre), un bravissimo Robert Downey Jr affiancato da Jude Law, aveva offerto un’irresistibile rilettura che, combinando le deduzioni con elementi di azione spettacolare, rendeva la trama intrigante ed emozionante. E prima ancora, nel 1985, il regista Barry Levinson, prodotto da Steven Spielberg, maestro indiscusso dell’avventura (I goonies Indiana Jones) era riuscito a creare un divertente ed emozionante cult (Piramide di paura,  recensione qui ) che univa perfettamente il tema della formazione giovanile con il giallo poliziesco.

Bill Condon, che già aveva diretto McKellen in un altro film di successo (Demoni e Dei, 1998), si mantiene fedele al tono delle pagine e, accantonando l’azione, si concentra su elucubrazioni che attraverso il recupero di ricordi perduti conducono pian piano alla soluzione dell’enigma. In questa atipica ricostruzione del modello letterario l’attenzione è rivolta soprattutto alla riscoperta di sentimenti umani che erano stati messi da parte dalla razionalità come tratto distintivo dell’investigatore, ma che a carriera finita tornano a farsi sentire in una mente in affanno.

Se i puristi fra i lettori di Doyle non riescono a superare i pregiudizi, storcano pure il naso. Chi ama le imprese dell’ineguagliabile genio deduttivo di Baker Street e che non disdegna storie emozionanti che aiutano a riscoprire il cuore bisognoso di affetto che sta dietro il razionale cervello resterà pienamente soddisfatto di questo fittizio omaggio personale.

 

INTRIGANTE E COMMOVENTE.

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