Poliziotto morto di Covid: “Sulla mia lapide mettete lo stemma del reparto”

di Redazione Zerottouno News

Non ce l’ha fatta Candido Avezzù, il poliziotto entrato in terapia intensiva dopo essersi contagiato di Covid. Prima di perdere contatti con l’esterno era riuscito a scrivere su Facebook: “Entro in intensiva. Sulla lapide lo scudetto del Secondo, grazie“. Il poliziotto aveva sin da subito capito il pericolo ed aveva richiesto di apporre sulla lapide lo stemma del suo reparto, se fosse morto. L’agente, 58 anni, membro del Reparto Mobile di Padova, è stato suo malgrado inserito in una retorica politica e social fuori luogo. Due, infatti, gli elementi che lo hanno fatto balzare agli onori delle cronache: il contagio e le sue idee sul Covid.

Avezzù si sarebbe contagiato nell’hotspot di Taranto dove, secondo le notizie trapelate, 33 migranti erano risultati positivi. A far discutere, tuttavia, sono anche le idee che il poliziotto aveva sul Covid. Il 58enne, infatti, non si era vaccinato e sembrava sottostimare il pericolo del contagio. A chiarirlo è la compagna, Monica Valotto, in un’intervista al Corriere: “Era un brav’uomo, che amava profondamente il suo lavoro. Lui era contrario al vaccino. Temeva gli avrebbe causato una trombosi, non si fidava. E non credeva neppure che il coronavirus fosse così pericoloso. Mi diceva che era più forte del Covid. Forse aveva sottovalutato il pericolo”. Sui suoi social, nel frattempo, sono centinaia i messaggi di cordoglio in allegato al commovente post pubblicato prima della morte. L’ennesimo servitore dello Stato morto durante la pandemia e che purtroppo è stato giudicato e tirato in ballo dopo aver perso la battaglia.

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