Dalla sala giochi al grande schermo: “Mortal Kombat”

di Vittorio Paolino Pasciari

Mortal Kombat è un film del 1995 diretto da Paul W.S. Anderson.

La pellicola è la versione live-action della omonima serie di videogiochi di genere “picchiaduro” creata nel 1992 da Ed Boon e John Tobias per “Midway Games”, casa di produzione di diversi seguiti per console, computer e arcade.

Il film ha per interpreti principali Robin Shou (Liu Kang), Christopher Lambert (Lord Raiden), Linden Ashby (Johnny Cage), Talisa Soto (Principessa Kitana), Brigitte Wilson (Sonya Blade), Trevor Goddard (Kano), Chris Casamassa (Scorpion), François Petit (Sub-Zero), Keith H. Cooke (Reptile), Steven Ho (Chan Kang) e Cary-Hiroyuki Tagawa (Shang Tsung).

LA TRAMA La Terra è solo uno di tanti regni in una delle tante dimensioni che compongono l’universo. Un altro di questi è una terra desolata chiamata Outworld, governata da un immortale che si è autoincoronato Imperatore, Shao Kahn. Una volta ogni generazione gli Dei Anziani indicono un torneo di arti marziali, il MORTAL KOMBAT, che coinvolge i migliori combattenti di due mondi. La vittoria di questo torneo conferisce il potere di aprire un portale interdimensionale e conquistare un altro regno. Per ottenere la chiave del portale, il demone-stregone dell’Imperatore Shang-Tsung deve vincere per dieci volte consecutive il torneo. Ne ha vinte nove, e adesso è giunto il momento di disputare il decimo e decisivo torneo per decidere le sorti della Terra. A Lord Raiden, dio del tuono e guardiano della Terra, spetta il compito di cercare fra i combattenti coloro che impediranno la sottomissione del pianeta. SI DIA INIZIO A MORTAL KOMBAT!

ANALISI DEL FILM  L’azione scorre rapida fra combattimenti spettacolari e momenti di riflessione che portano lo spettatore a conoscere il carattere dei protagonisti. L’ intrattenimento del videogioco, esaltato dagli interpreti che non usano controfigure, restituisce le stesse emozioni negli animi di chi è stato adolescente negli anni d’oro delle sale giochi (’80-’90). Ognuno dei 3 prescelti dal dio del tuono ha un motivo per sopravvivere alla lotta, un motivo che dissimula la paura che all’inizio ognuno rifiuta di confessare.

Indicativa è la scena di Lord Raiden che consiglia i suoi protetti dopo l’ingresso del mostruoso campione di Outworld:

«Per poter sconfiggere i vostri nemici dovete prima sconfiggere le vostre paure. Johnny Cage, tu hai paura di essere un fallito e ti butti nelle situazioni più disperate per dimostrare il contrario. Combatti… e con grande coraggio anche, ma alla cieca, senza criterio. Tu, Sonia, hai paura di ammettere che qualche volta anche tu hai bisogno di un aiuto. Contare sugli altri è il solo modo per vincere, così si perde. Liu Kang, tu hai paura del tuo destino. Lo hai già sfuggito una volta quando sei scappato in America, ti è rimasto il senso di colpa per la morte di tuo fratello. Chan sapeva a cosa andava incontro quando ha scelto di prendere il tuo posto. Ognuno è responsabile delle sue scelte

IL GIOCO CHE FORGIA IL CARATTERE Con l’espressione inglese fighting game / beat ‘em up, tradotta in italiano con “picchiaduro” , si intendono quei videogiochi, creati fra gli anni ’70 e ’90 del XX secolo, dove lo scopo principale del giocatore è affrontare i nemici in incontri di lotta di vario genere, sia a mani nude che attraverso l’utilizzo di armi da mischia. Ogni gioco si distingue in base alla grafica utilizzata (2D o 3D), alle forme di combattimento usate (arti marziali, boxe, jeet kune do, muay thai, lotta libera, taekwondo) e per il tipo di svolgimento dell’azione (a scorrimento o a incontri). Nel caso di un abbonante presenza di armi bianche da mischia, spesso in ambientazione fantasy, si può usare il termine di hack and slash.

MK (1992) grafica 2D per arcade

Nel caso di MK si può parlare di una saga (1992-2019) di genere picchiaduro ad incontri con ambientazione fantasy che nel corso della sua evoluzione (10 capitoli) è passata dalla postazione arcade coin-op in 2D (primi 3 capitoli) alla console 3D (MK 4) e con un reboot della serie classica (1992-1996) nel 2011 è passata al formato 2.5D.

Uno dei punti salienti della saga è la violenza che a ogni seguito ha incrementato la brutalità e altre caratteristiche della serie: da schizzi di sangue durante i combattimenti si vedono via via uccisioni ai limiti dello splatter (FATALITY) a termine dello scontro.

Espressioni come “FLAWLESS VICTORY” (vittoria senza colpi subìti), “FINISH HIM/HER” (mossa conclusiva) o “TEST YOUR MIGHT” (prove di forza prima dell’incontro) fanno parte del bagaglio culturale di chi ritiene parte integrale dell’adolescenza quegli indimenticabili momenti passati a sfidarsi con gli amici a suon di tasti sul coin-op, sul pc o sui primi joystick (la versione per Nintendo SNES è il TOP).

Se MK non è il RE del picchiaduro a incontri, certamente è un pilastro per questo genere di divertimento. Altre saghe degne di nota sono Street Fighter (il Capitolo 2 è il più famoso) della CAPCOM e, nel contesto della grafica 3D, Tekken della NAMCO e Virtua Fighter della SEGA.

A chi ancora oggi rimprovera l’eccessiva violenza dei picchiaduro che induce a deviazioni caratteriali negli adolescenti, sarebbe bene ricordare che non è la macchina il problema, ma chi non riesce a dare l’educazione e, soprattutto, il giusto sostegno ai figli che altrimenti diventano schiavi della dipendenza dal gioco che sempre va combattuta.

UN SUCCESSO INEGUAGLIATO Prodotto con un budget di 18 milioni di dollari, il film ha incassato in tutto il mondo la somma di 123 milioni. Il successo al botteghino è stato tale da produrre un sequel nel 1997 (Mortal Kombat – Distruzione Totale), richiamando quasi tutto il cast del primo film, ed una serie tv (Mortal Kombat: Conquest) andata in onda sul canale via cavo statunitense TNT fra il 1998 ed il 1999. Il 2010 è l’anno in cui esce un cortometraggio (Mortal Kombat Rebirh), volto a scoprire l’opinione dei fan  sulla possibilità di un nuovo lungometraggio, mentre del 2011 è una webserie uscita in esclusiva su Internet (Mortal Kombat: Legacy).

In assenza di ulteriori progetti per il futuro, considerando lo scarso successo del sequel del 1997 ed i risultati a dir poco trash ottenuti con le trasposizioni di altre due saghe di successo (Street Fighter-Sfida finale 1994, regia Steven E. de Souza e Tekken 2010, regia Dwight H. Little), si può tranquillamente dire che questo è il più riuscito, prima di Resident Evil (2002), diretto dallo stesso regista, fra i film tratti da un videogioco. L’ intrattenimento con combattimenti spettacolari scanditi da musiche emozionanti (l’inconfondibile colonna sonora è del duo belga The Immortals) aiuta a rilassarsi dopo un momento di stress (il sangue si vede poco o niente a vantaggio dell’azione).

Gli effetti speciali artigianali (il computer è ancora agli esordi) offrono un realismo che rende unici gli anni ’80 – ’90 per il cinema Fantasy. Immancabili lezioni di vita in perfetto stile orientalizzante sono offerte da un mentore irresistibile (Christopher Lambert bravissimo e ironico).

Questi sono gli ingredienti che rendono questo live-action di 97 minuti in celluloide ancora adesso la più riuscita trasposizione di un videogioco che rimane un capitolo indimenticabile di un’adolescenza irripetibile.

CULT PER GLI APPASSIONATI.

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