Quasi due settimane fa era stato preso a botte, pestato con una spranga, in piena strada a Ventimiglia, terra di confine per i migranti che dall’Italia tentano di andare in Francia. Nella domenica del 23 maggio, non reggendo il trauma, Mosua Balde si è suicidato nella sua camera del centro permanenza rimpatri di Torino. L’avvocato Gianluca Vitale, citato dal Corriere della sera, aveva affermato che “era provato e stanco, sosteneva di non essere stato ascoltato dagli inquirenti dopo il pestaggio”.
Nel frattempo, anche il garante dei detenuti Mauro Palma ha denunciato che “il migrante non è stato seguito come la sua situazione richiedeva. Una persona affidata alla responsabilità pubblica deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell’eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto”.
La polizia già il 9 maggio aveva individuato 3 persone che lo avevano pestato, senza che nessuno intervenisse fisicamente. Si tratta di due siciliani originari di Agrigento, di 28 e 39 anni, e uno di 44 anni, originario di Palmi (Reggio Calabria). I tre hanno affermato che Balde avrebbe cercato di rubare un cellulare all’interno del supermercato, anche se tutto questo non è stato chiarito. I tre sono stati denunciati a piede libero, il ragazzo invece era stato riportato nel centro migranti dove però si è tolto la vita. Mosua Balde, secondo la testimonianza di Progetto 20k, aveva 23 anni ed era arrivato in Italia dalla Guinea ma dopo l’aggressione subita, non avendo i documenti in regola, era stato portato nel centro in isolamento.