“Migliori nemici”: rivalità e amicizia in un’emozionante storia contro il razzismo

di Vittorio Paolino Pasciari

Migliori nemici (The Best of Enemies) è un film di genere biopic-drammatico del 2019 diretto da Robin Bissel, trasposizione cinematografica del libro The Best of Enemies: Race and Redemption in the New South scritto da Osha Gray Davidson, a sua volta ispirato ad eventi realmente accaduti, ovvero le vicende dell’attivista per i diritti civili Ann Atwater e di C.P. Ellis, leader del Ku Klux Klan, in USA negli anni ’70 del XX secolo.

Il cast è formato da Taraji P. Henson (Ann Atwater), Sam Rockwell (Claiborne Paul “C.P.” Ellis), Babou Ceesay (Bill Riddick), Anne Heche (Mary Ellis), Wes Bentley (Floyd Kelly), Nick Searcy (Garland Keith), Bruce McGill (Carvie Oldham), John Callagher Jr (Lee Trombley), Nicholas Logan (Wiley Yates) e Gilbert Glenn Brown (Howard Clement). La pellicola vanta fra i riconoscimenti una nomination (miglior attrice protagonista) a Taraji P. Henson al National Film & Tv Awards 2019.

TRAMA North Carolina, USA, 1971. Nella città di Durham i rapporti tra gli abitanti di colore e la comunità bianca sono sempre tesi: le leggi per tutelare gli afroamericani non si applicano come dovrebbero. Dopo che un incendio danneggia severamente la scuola elementare per bambini di colore di East Durham, la cittadina diventa teatro di tumulti causati dal rifiuto dei bianchi di accogliere studenti di colore nelle loro scuole. L’amministrazione cittadina, ultraconservatrice e corrotta, rimanda il problema che giunge infine a livello statale. Per placare gli animi si tenta la strada del dialogo con il ricorso alla charrette, strumento di democrazia partecipata che ha avuto successo in altre comunità. Un dibattito in cui riunire quanti più cittadini possibile e metterli di fronte alla tematica in questione deciderà il futuro delle istituzioni scolastiche. Dopo un doveroso approfondimento dei temi su cui discutere si arriverà ad una sintesi di poche mozioni ed una votazione da parte del senato interno alla charrette: con l’approvazione dei due terzi del senato interno le mozioni passeranno ed il consiglio comunale sarà tenuto ad accoglierle in toto. Incaricato all’organizzazione della charrette è Paul Riddick, esperto di colore che chiama a co-presiedere il dibattito come rappresentanti delle due fazioni in contrasto Ann Atwater, agguerrita attivista afroamericana, e C.P. Ellis, presidente della sezione locale del Ku Klux Klan.

ANALISI Lo scontro fra due entità agli antipodi viene presentato in una trama che scorre veloce in un crescendo di tensioni che culminano in un sorprendente, emozionante e commovente finale. Una triste e tragicamente ancora attuale pagina di storia – il razzismo, fanatico e patetico, culminante nelle ingiustizie contro gli afroamericani – viene trattata in maniera esplicita solo all’inizio per poi passare sullo sfondo, pur mantenendo alta la tensione di un equilibrio sempre pronto a spezzarsi. Il regista tende, e riesce grazie a due interpreti impeccabili, a concentrare l’attenzione sul confronto fra i caratteri opposti dei due nemici, riflesso di due realtà cittadine e sociali in conflitto apparentemente irreversibile. Dopo le prime tensioni e la quasi inquietante rappresentazione della società corrotta dei bianchi, logorati dalla paura e dall’ignoranza, quelle che sembravano certezze incrollabili vengono messe in discussione da un inaspettato gesto di solidarietà verso il nemico che si riscopre a sua volta un umano oppresso in cerca di riscatto. Il colpo di scena dell’elezione finale può apparire non del tutto inaspettato ma il commovente congedo conclusivo è un omaggio che riempie di speranza chi ancora non è consumato dal degrado totale di una società mai perfetta.

(da sinistra) C.P. Ellis ed Ann Atwater

NEMICI-AMICI   La storia di Ann Atwater (1935-2016) è quella di un’attivista per i diritti civili che ha contribuito a migliorare la qualità della vita degli afroamericani attraverso la Operation Breakthrough, un’organizzazione comunitaria dedita alla lotta contro la povertà, oltre a sostenere i diritti dei neri per le abitazioni e l’assistenza sanitaria. Dopo un’infanzia passata a lavorare nei campi per aiutare la famiglia – entrambi i genitori erano mezzadri ed il padre anche diacono – rimane orfana di madre a sei anni. A quattordici anni rimane incinta e si sposa, trasferendosi col marito a Durham: il primo trova lavoro nella locale industria di tabacco ed Ann fa le pulizie nelle case dei bianchi. Nella città di Durham una considerevole fetta di popolazione è composta da afroamericani ed i suoi esponenti appartengono alla classe media e vantano una solida istruzione. Tuttavia la società è dominata dalla segregazione razziale e nel 1950 il 28% delle famiglie viveva al di sotto della soglia di povertà designata. In questo clima di tensione ed ingiustizia la Atwater – in particolare dopo che il marito l’ha abbandonata – cresce fra mille difficoltà da sola le sue due figlie. L’incontro con Howard Fuller segna la svolta con l’ingresso nell’Operation Breakthrough. Ann si fa conoscere subito per il suo impegno a sostenere persone con problemi abitativi. Copiando e distribuendo manuali di regolamentazione delle condizioni abitative e stimolando gli inquilini perché chiedessero ai proprietari di rispettare i loro diritti, aiuta a difendersi da soli e a sviluppare le abilità necessarie per sopravvivere. In particolare, come detto, noto è rimasto il suo ruolo di presidente, insieme a C.P. Ellis, leader del Ku Klux Klan, di una charrette nel 1971 per eliminare la segregazione razziale nelle scuole di Durham. 

Meglio note con l’acronimo KKK, sotto il nome di Ku Klux Klan sono annoverate diverse organizzazioni segrete, esistenti in USA dalla seconda metà dell’Ottocento e tutt’ora in attività, con finalità politiche e terroristiche a contenuto razzista. Nate come confraternite (Ku Klux deriverebbe dal greco κύκλος “cerchio” inteso come “gruppo di fratelli”) di ex-militari degli Stati Confederati d’America, i membri di queste organizzazioni propugnano la superiorità della supposta “razza bianca” su tutte le altre e col tempo di sono accostati ad ideali nazionalisti e discriminatori (razzismo, antisemitismo, antipapismo). Claiborne Paul “C. P.” Ellis (1927-2005) era nel 1971 Exalted Cyclops (leader locale) di un gruppo del KKK nella sua città natale, Durham nella Carolina del Nord. Dalle sue memorie registrate sappiamo che fu fortemente influenzato da suo padre, a sua volta membro del Klan, fin dall’infanzia, caratterizzata da povertà e abiti logori indossati a scuola. Sebbene suo padre bevesse, egli descrive il suo rapporto con il genitore come una relazione stretta allietata da giochi e uscite a pesca. Dopo un’adolescenza disillusa dal miraggio del sogno americano, Ellis lavorò per diversi anni in una stazione di servizio prima di sposarsi e avere quattro figli. Le difficoltà finanziarie a mantenere la famiglia (uno dei figli era cieco e non verbale) lo esasperano tanto da voler cercare – sue parole – la necessità di incolpare qualcuno. Questo deviato desiderio di riscatto e l’influenza paterna lo portano presto a diventare membro molto attivo del KKK, scalando presto i ranghi della leadership fino alla sua dichiarazione finale come leader Exalted Cyclops.

Il forzato incontro/scontro con Ann Atwater nella charrette di Durham del 1971 porta ad una svolta esistenziale e sociale il leader della locale sezione KKK. Dopo 10 giorni di colloqui, e pur odiandosi all’inizio per le rispettive posizioni che rappresentavano, Atwater e Ellis iniziano a vedersi come individui, e non come stereotipi: entrambi nati e cresciuti poveri ed oppressi da problemi che accomunavano anche le vite dei loro figli. La notte conclusiva della charrette, davanti ad una platea di 1000 persone, inclusi alcuni membri attivi del KKK, Ellis alza la tessera di socio del Klan e al microfono pronuncia queste parole: “Se le scuole saranno migliori se strappo questa tessera, lo farò”. E così Ellis rinunciò al KKK e, nonostante le minacce di morte dei restanti membri del Klan, da quella notte non vi tornò più e l’amicizia con Ann Atwater fu duratura fino alla morte di entrambi.

(da sinistra) Sam Rockwell, Taraji P. Henson, e il regista Robin Bissell

PREGI, DIFETTI, SPERANZA   Se volgiamo lo sguardo ad altre pellicole del cosiddetto filone dramedies a sfondo razziale – storie vere ambientate in epoche in cui era più manifesta la segregazione razziale – di cui due esempi magistrali possono considerarsi Il Diritto di Contare (nomination Oscar miglior film 2016) – sempre con la bravissima Taraji Penda Henson – e Green Book (Oscar miglior film 2019, recensione qui) non si può non notare come questo nuovo esempio di dramma manifesti dei punti deboli che lo rendono meno incisivo rispetto ai suoi predecessori più riusciti. Robin Bissell, che oltre alla regia firma anche la sceneggiatura, mostra chiara l’intenzione di concentrarsi sui caratteri dei protagonisti, in particolare sul graduale cambiamento di posizione di quello cattivo. Il tema scottante e tragicamente ancora attuale (la distruttiva e patetica follia del razzismo fanatico) fa da contesto alla storia e viene delineato con un la violenza fisica ridotta al minimo per lasciare spazio alla tensione psicologica delle minacce (Klan e società corrotta). Qualche risata ironica per alleggerire la tensione può scappare fra un battibecco tra i due protagonisti ed un confronto durante le riunioni della charrette. Se tutto sembra andare nella norma nel delineare il contesto e se indubbiamente emozionante e commovente è il finale con tanto di post-credit, il percorso scritto per arrivarci sembra, nonostante un’interpretazione soddisfacente, andare troppo veloce, a tratti lasciare buchi di trama che non danno completo spessore all’analisi dei personaggi e finire per edulcorare un dramma che dovrebbe, soprattutto e mai come ora, far riflettere.

Contro la triste e patetica realtà di una società ancora adesso schiava delle sue paure, corrotta dall’ignoranza che ricerca i colpevoli negli innocenti e ancora incapace di guardare oltre la superficie e l’illusione del profitto, l’emozionante storia di un’improbabile e duratura amicizia può regalare nuova speranza a noi indegni epigoni di un’umanità in degrado totale.

DA VEDERE.

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