Così vicina, ma probabilmente anche così lontana. Vicina a noi, a due passi dalla piazza centrale di Nola, si trova la Locanda San Vincenzo, mensa fraterna della Caritas della diocesi di Nola. Un’istituzione nel terzo settore, tanto importante quanto lontana da parecchi occhi e cuori di chi non ne sa decifrare il fondamentale ruolo gestionale nell’emergenza senzatetto nel Nolano. Passione e abnegazione che però non mancano ai responsabili, volontari, dottori e giovani che vi collaborano e vi lavorano.
Vi abbiamo già raccontato cosa si prova ad essere un medico volontario della Caritas, questa volta però vogliamo trasmettervi il punto di vista di uno dei giovani che lavora lì quotidianamente. “Il lavoro che coordinano don Enrico e Mimmo Alfano è indescrivibile. Io e un altro ragazzo di 20 anni collaboriamo in quota servizio civile. Assieme a noi tanti altri volontari, dottori, psicologi e un centro d’ascolto – ci dice Salvatore, uno dei ragazzi che lavorano alla Locanda San Vincenzo – è un mondo particolare ma se non sei predisposto, anche se è un lavoro, non puoi andare avanti. Con molti bisognosi sono riuscito ad instaurare un bel rapporto affettivo, parlavo spesso con loro in strada, ci prendevamo il caffè, parlavamo di quello che c’era successo quando non ci vedevamo“.
Si, perchè gli indigenti che usufruiscono dei servizi della mensa fraterna sono tanti, molti anche italiani, e non tutti di Nola e dei paesi limitrofi. “C’è gente che viene da vicino ma anche da Brusciano o da Napoli, me ne ricordo uno in particolare che ci raggiunge per mangiare partendo direttamente da Capodichino – racconta ancora Salvatore – Molti sono indigenti, ma altri sono veri e propri senzatetto, qui possono trovare dei riferimenti, una doccia, un pasto, dei vestiti e cure mediche. Non sono molti i cosiddetti barboni perché spesso sono di passaggio e non hanno un tetto sulla testa, questo è un problema che deriva dalla mancanza di dormitori“. Un’affluenza significativa a cui la Caritas risponde con dedizione e organizzazione, con gli utenti che vengono registrati per usufruire dei pasti e delle cure sanitarie.
Eppure, tutto questo ruota attorno alla psicologia umana. La Caritas accoglie persone con vissuti particolari e per farlo deve necessariamente aprire i propri cuori, oltre che le porte della Locanda. “Ho trovato qualcosa che non credevo di trovare – continua Salvatore – è una realtà che viviamo ogni giorno ma che non approfondiamo. È più vicina di quanto pensiamo, è un ambiente in cui non riesci ad essere distante, ho conosciuto tante persone che hanno dato loro a me insegnamenti di vita“. Per tanti giovani che si interessano a queste tematiche, però, ci sono anche tanti altri giovani che preferiscono usare la violenza senza motivo: “purtroppo mi è capitato già diverse volte di incontrare persone che, dopo aver ricevuto i vestiti, ritornavano chiedendone di nuovi perchè erano stati picchiati senza motivo e il loro rifugio dato alle fiamme”, ci confida Salvatore.
Un’emergenza sociale che ha bisogno di collaborazione e attenzione. L’unico dormitorio in zona ora è quello di San Giuseppe Vesuviano, mentre per il prossimo anno non dovrebbe essere rinnovato il progetto del servizio civile. Natale e agosto sono sicuramente i periodi più intensi, ci sono molti gruppi di volontari in cucina e ci saranno anche persone che lasceranno a casa le famiglie e correranno in mensa a dare una mano. Una rete solidale che porge una mano a chi ne ha bisogno. Una rete che necessita maggior compattezza e interesse, per far sì che i problemi di tanti non stiano a cuore solo a pochi. Non solo a Natale o in estate, non solo a pranzo o la mattina, ma sempre. La Caritas è presente, i giovani sono il futuro,ma è compito di tutti fare la propria parte, oggi e con tutte le proprie forze.