“Te la sei cercata”: in Italia abbiamo ancora un problema culturale con gli stupri

di Luisa Sbarra

“Copriti, vestita così te la cerchi!” È questa la frase, riportata da una amica, che ha destabilizzato e fatto scattare qualcosa in Martina Evatore. La giovane 20enne, dopo questo episodio, ha deciso di indossare e sfilare, durante la sua partecipazione al concorso Miss Venice Beach, con gli abiti che aveva durante un tentativo di stupro, sfidando così gli stereotipi sulla violenza di genere. Doveva vestirsi come una delle sue celebrità preferite, ma ha preferito indossare quegli abiti, che teneva rinchiusi nell’armadio da parecchio tempo e che non aveva nemmeno più il coraggio di guardare.

Il tentato stupro è avvenuto nel 2019. Martina era vestita in modo semplice, con una T-shirt nera, pantaloni larghi dello stesso coloresneakers e una giacca stile militare. Nessuna minigonna, nessun top scollato o altro al contrario di quanto una mente troppo comune e troglodita possa pensare. La giovane, mentre si recava ad una festa di compleanno dal quartiere Sacro Cuore di Padova, dove vive, è stata inseguita da un uomo, che l’ha spinta contro un cancello. I suoi riflessi pronti e gli insegnamenti del padre sull’autodifesa l’hanno salvata. Infatti, ha iniziato a tirare calci e pugni contro quell’uomo, che nel frattempo tentava di infilarle le mani sotto la giacca. “Per fortuna delle auto si sono fermate per chiedere se fosse tutto a posto e l’uomo è scappato. Quando sono arrivata a casa dei miei amici ero molto scossa, loro hanno provato a cercarlo con i motorini, ma si era dileguato”, ha raccontato. Il giorno dopo, accompagnata dalla madre, ha sporto denuncia, ma l’uomo non è mai stato rintracciato e preso.

Martina ha cercato in modo semplice e diretto, con il suo gesto, di far capire che non è quel che si indossa il problema, ma la cultura dello stupro, che consiste in tutti quegli atteggiamenti che tendono a giustificare e normalizzare la violenza sessuale subìta dalle donne. Tra questi ci sono la colpevolizzazione della vittime, lo slut shaming, l’oggettivazione sessuale, ecc. Lei è riuscita a difendersi, ma altre vittime no e, pur denunciando, non hanno ottenuto la giustizia sperata.

La stessa ragazza si è dichiarata rammaricata nel leggere la sentenza con cui i giudici della Corte d’Appello di Torino hanno assolto l’uomo che ha stuprato una ragazza perché questa aveva lasciato la porta del bagno semi-aperta. “Non esistono gesti o abiti incoraggianti, esistono solo uomini che si sentono autorizzati a molestarti senza motivo, perché si fanno i film nella loro testa. La differenza la fa la mente dell’aggressore, è lui che ha dei problemi, non chi si veste in un modo piuttosto che in un altro”.

Un’ulteriore sentenza che ha destato scalpore è quella data dal Collegio penale del Tribunale di Ravenna, dove una ragazza, che era riuscita a parlare con la madre e gli amici 15 minuti prima di avere il rapporto sessuale in contestazione, è stata dichiarata di essere pienamente in sé e che quindi non si trattava di un caso di stupro. Si stima che la media del 2021 è di 11 reati di violenza sessuale al giorno. Le vittime principali sono donne, bambine e ragazze. Bisogna tenere a mente che la colpa di uno stupro non è mai di chi ne è vittima, o tentata vittima, ma solo e soltanto di chi lo commette. In Italia c’è ancora tanta strada da fare.

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