Caso Mario Paciolla: le tappe della querelle giudiziaria

Mario Paciolla è stato scoperto la mattina del 15 Luglio 2020 in Colombia

di Carolina Cassese
Credits Photo LiberaInformazione

A quattro anni dalla morte del cooperante internazionale, Mario Paciolla, le indagini giudiziarie, finalizzate a chiarire le  incongruenze emerse su un caso presentato inizialmente come suicidio, sembrano incontrare tanti ostacoli. Il corpo di Mario Paciolla è stato scoperto la mattina del 15 Luglio 2020 con segni di asfissia e ferite sul corpo, fatto che ha portato la Medicina Legale in Colombia a qualificare il caso come suicidio. Nonostante ciò, i risultati dell’autopsia in Italia hanno permesso al Pubblico Ministero di aprire un’indagine per omicidio.

Il membro della Missione di Verifica delle Nazioni Unite, Christian Leonardo Thompson Garzón, che risulta coinvolto nell’inquinamento delle prove e nella distruzione e sparizione di prove è stato nominato Direttore Nazionale del Centro di Operazioni di Sicurezza (COS) pur essendo sotto inchiesta per aver coordinato la “pulizia” dell’appartamento in cui è stato trovato morto Paciolla ed aver raccolto tutti i suoi effetti personali. Il COS è il dipartimento che riceve i report di tutte le missioni e registra gli incidenti relativi alla sicurezza. Dopo la morte di Paciolla, Thompson coordinò il trasferimento delle apparecchiature d’ufficio di Mario a diverse sedi della Missione Onu nel paese, tra cui il mouse insanguinato ritrovato a fine luglio 2020 nella sede centrale della Missione a nord di Bogotá.

Per quanto riguarda la Procura Colombiana e quella Italiana hanno mantenuto il silenzio sul caso, senza ottenere progressi nell’indagine su un caso che ha scioccato l’Italia. Da quattro anni i genitori di Mario Paciolla, Pino e Anna, si battono per chiedere verità e giustizia: “Non si è suicidato, la sua morte non si archivia, Mario è stato ucciso e la sua morte non si archivia”. I suoi genitori, insieme ad Amnesty International e tante altre realtà, tra cui la Cgil Napoli e Campania, si stanno battendo per chiedere verità e giustizia sulla sua morte.

Il 14 giugno scorso, per la seconda volta, la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del caso come suicidio. Ma la famiglia, supportate dai risultati dell’autopsia, da testimonianze e dagli stessi racconti di Mario, prima della morte, non crede a questa. La morte violenta di una persona può essere stata causata da suicidio o da omicidio: è compito della giustizia stabilirlo. Se essa riguarda un giovane di 33 anni, impegnato in Colombia nella difesa dei diritti umani, non solo i familiari della vittima, ma l’intera comunità nazionale ha il diritto di pretendere che i giudici cerchino la verità.

L’ordinanza con la quale il Gip di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica, disponendo nuove indagini sulla morte di Mario Paciolla, è un passo avanti per la ricerca della verità. Mario Paciolla faceva parte – come volontario – di una Missione ONU avente il compito di verificare, in Colombia, l’attuazione degli accordi di pace tra il governo e le FARC , in particolare, il rispetto dei diritti umani nei confronti degli ex-guerriglieri disponibili al reinserimento nella società. Quando fu trovato morto nella sua casa di San Vicente del Caguan, con un lenzuolo annodato intorno al collo ed alcune macchie di sangue sui polsi, l’ipotesi coltivata dagli inquirenti del luogo e fatta propria dalla Procura della Repubblica di Roma è stata di un suicidio avvenuto per soffocamento, dopo un tentativo non riuscito di tagliarsi le vene.

Il Gip sembra porre le due ipotesi che possono avanzarsi sulla morte violenta di Mario Paciolla (suicidio e omicidio) sullo stesso piano. Correttamente, infatti, il Gip osserva che, per sostenere l’ipotesi che il giovane sia rimasto vittima di un omicidio, occorrerebbe certezza su due circostanze: che egli abbia ricevuto la visita di estranei nelle ore precedenti la sua morte; che la sua condotta di vita  avessero fatto sorgere in altre persone motivi di risentimento nei suoi confronti. Manca, tuttavia, la considerazione di un altro elemento, che avrebbe dovuto indurre il gip ad essere più possibilista rispetto all’ipotesi omicidiaria. Interpellati dagli inquirenti italiani sugli eventuali rapporti conflittuali avuti da Mario Paciolla nel suo ambiente di lavoro, i componenti della Missione ONU furono interrogati “alla presenza di un rappresentante dell’Organizzazione su espressa richiesta dell’Ufficio Affari Legali delle Nazioni Unite”. La ragione di tale irrituale presenza,   almeno secondo la legge processuale italiana, sarebbe da ricondurre al pericolo che venissero rivelate notizie riservate.

E’ il Gip che ne dà atto allorché affronta il tema di informazioni che Paciolla possa avere acquisito in merito al “bombardamento dell’agosto 2019”. Se i rilievi svolti sul luogo del fatto fanno ritenere non convincente sul piano logico l’ipotesi del suicidio, quella dell’omicidio la si può escludere perché cancellate le tracce dell’accaduto e poi furono assunte le fonti orali interpellate per accertare le cause della morte. Vi sono altri due elementi, in contraddizione tra loro, che emergono dalla lettura dell’ordinanza. Per un verso, il Gip esclude che “il PACIOLLA negli ultimi mesi di vita fosse in una condizione di isolamento pressoché totale”, con conseguente aggravamento di eventuali sofferenze e inquietudini per questioni irrisolte. Per altro verso, il Gip aggiunge che “non può nemmeno escludersi che la descritta condizione di stress abbia determinato una caduta psichica che abbia condotto Mario al falso convincimento di essere in grave pericolo e poi al suicidio”.

C’è anche un dato non considerato. Solo poche ore prima della morte, acquistando il biglietto aereo per l’Italia, Mario Paciolla aveva superato il disagio collegato alla permanenza in Colombia, dimostrando ai familiari e ai componenti della Missione ONU di voler dare una svolta alla propria vita. Le indagini imposte al Pm dal Gip puntano ad approfondire il significato di alcuni rilievi effettuati al momento dell’accesso dei funzionari ONU e degli inquirenti colombiani nella casa della vittima. Gli accertamenti potrebbero sostenere sia l’ipotesi suicidaria che quella omicidiaria. Occorrerà analizzare quale valutazione darà il Gip all’ esito di ulteriori accertamenti e verifiche. Si spera che il caso trovi finalmente la sua soluzione. La vita di Mario Paciolla, il suo impegno generoso per un mondo dove vi sia pace e rispetto per i diritti umani, meritano verità e giustizia. Altrettanto meritano di conoscere la verità i suoi familiari, al cui amore Mario venne strappato quando stava per ritornare da loro.

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