Ci eravamo lasciati con la recensione della prima parte di “M. Il Figlio del secolo“, vincitore dell’ultimo Premio Strega (QUI la recensione). Con la seconda parte del romanzo ha invece inizio una nuova stagione politica. Il XVII congresso del Partito Socialista è stato appena inaugurato a Livorno alle ore 14. 00 del 5 gennaio 1921. Dirà Pietro Nenni, all’epoca attivista del PSI, nel 1926:
A Livorno cominiciò la tragedia del proletariato italiano.
Quando viene letto infatti il saluto ai delegati del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Comunista parte subito un durissimo attacco di Mosca ai compagni riformisti e a chi ancora si ostina a non espellerli dal partito. Il PSI, che era uscito vincitore anche dalle ultime elezioni amministrative, non può fare altro che scindersi: la frazione comunista di Bordiga, Bombacci, Gramsci è appena nata.
In questi mesi le violenze non si fermeranno. Lo squadrismo dilagherà, contando sull’impunità dello Stato regio: buona parte delle amministrazioni socialiste elette verranno sciolte per motivi di ordine pubblico. Giacomo Matteotti inizierà i suoi solitari discorsi parlamentari di condanna delle violenze squadriste; il 7 Aprile le Camere vengono sciolte, e nello stesso giorno il Comitato Centrale dei Fasci ha votato l’adesione ai “Blocchi” di Giolitti.
Scrive l’autore Antonio Scurati nel romanzo:
Giolitti ha un suo piano: imbrigliare l’illegalità fascista, ritenuta un fenomeno passeggero, impastoiandola nell’arco costituzionale. Mussolini ha un suo contropiano: suscitare il disordine per dimostrare che l’ordine può ripristinarlo soltanto lui. Scatenare gli squadristi con una mano per poi imbrigliarli con l’altra. Per fare questo, però, bisogna combattere due battaglie, su due fronti diversi, nei quali gli alleati e i nemici si scambiano di posto.
[….] Gli squadristi, va da sé, non gli reggono il gioco. Sono violentemente antiparlamentari […]
Quando, nel maggio 1921, ci sono le nuove elezioni politiche, il Fascismo entrerà in Parlamento ( il Senato del Regno d’Italia non era elettivo, ma costituito da senatori di diritto o per nomina regia in carica a vita), il Partito Socialista risulterà ancora il primo partito scendendo però al 24,7%, i Popolari sono al 20% e i Blocchi Nazionali al 19,1%. Una sconfitta per Giolitti, una vittoria per Mussolini e i fascisti che entrano in parlamento grazie all’accordo elettorale proprio con Giolitti e l’Associazione Nazionalista Italiana di Corradino, portando 35 deputati alla Camera.
Nella nuova legislatura vedrà la nascita il governo Bonomi (luglio 1921-febbraio 1922) e il governo Facta I ( febbraio 1922-luglio 1922) e Facta II ( dal 1° Agosto al 27 Ottobre 1922). Facta fu l’ultimo presidente del Consiglio prima della Marcia su Roma, un avvenimento dai retroscena più giallistici che propriamente rivoluzionari. I preparativi della Marcia su Roma si svolgono a partire dal 24 Ottobre del 1922. A Piazza del Plebiscito a Napoli si tiene una grande adunata di camicie nere del PNF, che doveva servire da prova generale per la presa del potere. Nelle stesse ore in cui decine di migliaia di camice nere urlano “a Roma! A Roma!” in piazza del Plebiscito, “a Milano i principali leader del Partito Socialista, concordi nel non prendere sul serio quel proposito e nel valutare irrealistica quella minaccia, scortati dall’assoluta certezza che non stia accadendo nulla di importante, salgono sul treno per Mosca” (citazione dal libro) per far visita ad un già malato Lenin.
Il 24 Ottobre Mussolini nomina i quadrumviri Balbo, De Bono, De Vecchi e Bianchi, incaricati alla guida della Marcia. Le colonie fasciste sono in mobilitazione specialmente dal Sud, fino a quel momento ignaro di cosa fosse il Fascismo. Ma l’evento più drammatico fu dato dalla notte tra il 27 e il 28 ottobre, notte in cui Facta chiederà la proclamazione dello stato d’assedio e la otterrà dal Consiglio dei Ministri, ma non otterrà la ratifica da parte del Re, capo delle forze armate. Il resto della storia, di cui ovviamente già si conosce tanto, vede la discesa trionfante senza opposizioni consistenti nel Paese, ma senza nemmeno un vero esercito, da Milano verso Roma, di Mussolini, che ottiene l’incarico dal Re il 30 Ottobre seguente.
Il 16 Novembre 1922, quando Mussolini tiene il suo primo discorso alla Camera da Presidente del Consiglio, è un tripudio di appoggi entusiastici, da Benedetto Croce a Giolitti e Nitti che promette “nessuna opposizione“, fino a Salvemini che lo incita a spazzare via queste “vecchie mummie e canaglie” della classe politica marcescente (citazione dal libro). Nel suo governo entreranno, oltre ai deputati fascisti, anche i popolari, i nazionalisti, i democratici e i liberali. Quando Mussolini pronuncerà, dopo poco la fatidica espressione “potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli“, lo sdegno nel Parlamento però sarà generale.