La pandemia sta dando un po’ di tregua all’Italia e sembra che la guerra si stia vincendo. Restano tuttavia i decessi per Covid giornalieri. Sono pochi ma ognuno di essi porta con sè delle storie dietro. Storie di vita, storie d’amore, tramutati in lutti. Una di queste è stata vissuta, sua malgrado, dal giovane Salvatore Sena, ragazzo del Napoletano che ha raccontato la morte della mamma per Covid in un post sui social. La lettera, struggente e commovente, ha ricevuto molti apprezzamenti e attestazioni di cordoglio:
“Negli ultimi 59 giorni mi sono successe un sacco di cose impossibili. Ho dovuto far ricoverare la mia mamma per Covid, proprio come si vede in televisione. Sembrava impossibile che succedesse anche a noi. E invece. Io e mia sorella ci siamo trovati, da soli, a dover gestire nostro zio disabile, in dialisi, e con sindrome di Down. Sembrava impossibile riuscirci. E invece. Abbiamo imparato a preparargli da mangiare, a capire i suoi bisogni, a cambiargli i pannoloni. Poi, anche lui è stato ricoverato per Covid. Poco dopo è stato intubato ed è morto. Impossibile? Eppure è successo“.
“Nel frattempo mamma stava migliorando. Non abbiamo potuto dirle nulla di suo fratello, nostro zio, perché avrebbe potuto farla aggravare. Le abbiamo mentito. Le dicevamo che andava tutto bene. La cosa migliore era dirglielo insieme, faccia a faccia, quando sarebbe uscita. Perché lì, in ospedale, non aveva nessun contatto, era circondata da uomini e donne in tuta dalla testa ai piedi di cui non vedeva niente se non gli occhi. Però mamma è peggiorata lo stesso. Impossibile, ho pensato. Ho cercato in tutti i modi di entrare nel reparto dove era ricoverata mamma. Ho contattato direttori, primari, dottori, infermieri, staff della sicurezza. Ma mi rispondevano tutti che era impossibile. Che nessuno poteva accedere a quei reparti. Però io ho continuato a provarci e alla fine sono entrato. Ero riuscito dove chiunque altro non aveva potuto“.
“Mamma voleva mollare, era trascorso un mese e mezzo da quando era stata ricoverata e non ce la faceva più a combattere. Quando mi ha visto entrare la prima cosa che mi ha sussurrato, da sotto il suo casco, è stata ‘Salvatò, non ce la faccio più. Mi voglio arrendere’. Poi abbiamo parlato, le ho fatto vedere delle fotografie, le ho portato un cuscino con le nostre foto e una dedica. Mi promise che avrebbe lottato. Con le lacrime agli occhi, mentre andavo via, mi giurò che non si sarebbe arresa. Che guardandomi negli occhi, l’unica parte di me che poteva vedere, aveva ritrovato la forza. Quando esco, i medici mi dicono che era impossibile che potesse riprendersi. Ma io ormai ci ero invischiato fino all’osso in questo termine. Così tante cose impossibili erano diventate reali che ormai non mi spaventava più. Ero fermamente convinto che per chi ci crede fino alla fine e ha fede, nulla era impossibile“.
“Non abbiamo mai potuto fare una videochiamata perché sarebbe stato difficile spiegarle come mai nostro zio non era con noi. Però verso la fine, con qualche stratagemma, eravamo riusciti a vederla due volte. L’ultima volta che le ho parlato la stavano per trasportare nel reparto di Rianimazione. Mi ha detto che se volevo farla contenta dovevo fare l’esame che stavo preparando. Io le ho detto che non doveva arrendersi e che le giuravo che sarebbe tornata a casa. Poi non abbiamo più potuto sentirla. O vederla. O parlare con lei. È stata intubata e sedata completamente. Non era cosciente. Per non farle sentire il dolore di avere un tubo che le entrava dalla bocca e le arrivava fino a dentro ai polmoni e respirava per lei“.
“Dopo quindici giorni, dopo che tutti gli organi hanno lottato fino all’ultimo atomo di ossigeno, il suo cuore non ha retto. Anche se lei non poteva leggerli, ho continuato a scriverle degli sms. Pensavo a quando si sarebbe risvegliata e avrebbe potuto leggerli per aggiornarsi su cosa era successo. Le dicevo che mi mancava, che le volevo un mondo di bene, che doveva tornare a casa. L’altro ieri le scrissi anche ‘Mammina mia, non puoi capire che cosa impossibile è successa! Ho fatto l’esame e ho preso 30’. Lo avevo fatto per lei. E lei ha resistito fino al giorno dell’esame per permettermi di farlo“.
“La mia mamma aveva settant’anni, nessuna patologia, nessuna comorbidità, era impossibile che morisse. Poi, non so cos’è successo ad un certo punto ed è diventato impossibile che si salvasse. Ho pregato fino alla fine. Ci ho sperato fino all’ultimo. Anche quando i dottori dicevano che ormai le restavano 24 ore e lei dopo una settimana era ancora lì. Anche quando la sua saturazione scendeva sotto i 70 nonostante i flussi ti FiO2 del 100%. Anche e soprattutto perché pensavo che era impossibile che, dopo aver perso tutti, perdessimo anche lei. A quanto pare, nella vita nulla è impossibile“.
“Volevo ringraziare tutti coloro che hanno avuto un pensiero per me e per mia sorella. Non so bene come rispondere ai messaggi di condoglianze e, per questo, tendo a non farlo. Non mi sembra corretto rispondere con Grazie, ma ho apprezzato tutte le singole parole di ognuno di voi. E, a quelli che mi domandano cosa possono fare per aiutare, chiedo soltanto una cosa: vaccinatevi. Fate vaccinare i vostri genitori, i vostri zii, i vostri nonni. Perché, credetemi, non esiste sofferenza peggiore di morire senz’aria, senza famiglia, senza un abbraccio. Una canzone di Coez che mi ha sempre fatto pensare a mamma dice: ‘Questa va per te che hai lottato per me. C’è chi ha due genitori, ma tu vali per tre. Per tutte le volte che ho perso la calma. Tu m’hai dato un’arma’. La mia arma saranno per sempre i tuoi valori, i tuoi insegnamenti, i tuoi sorrisi, mamma. Ovunque tu sia, continuerò a parlarti e so che mi risponderai“.
La Redazione si unisce al cordoglio per la famiglia di Salvatore. Invitiamo tutti ad essere ancora il più cauti possibile, solo così si potrà portare rispetto a chi ha lottato e, purtroppo, ha perso.