In caso di maltrattamenti in famiglia, si può sporgere denuncia dopo la separazione? Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi è punito dall’articolo 572 Codice penale che tutela la dignità personale del soggetto passivo, sia nell’ambito di rapporti familiari che nell’ambito di rapporti di diversa natura (sorti ad esempio per motivi di istruzione, educazione, etc etc). Il reato può essere commesso da persone legate alla vittima da rapporti di parentela, di convivenza o rapporti nati per motivi di istruzione, educazione, cura, vigilanza, custodia.
Il reato di maltrattamenti consiste nella sottoposizione dei familiari, dei conviventi o degli altri soggetti interessati ad una serie di vessazioni continue in grado da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni. La pena prevista è la reclusione da due a sei anni ed è aumentata se il fatto è commesso ai danni di un minore di 14 anni. Se dal fatto ne deriva una lesione personale grave, la pena è della reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la pena è della reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la pena è della reclusione da dodici a ventiquattro anni. Il reato, inoltre, è procedibile d’ufficio, essendo sufficiente una denuncia e non una querela.
Con l’approvazione della legge denominata “Codice Rosso“, il reato di maltrattamenti in famiglia può essere denunciato entro 12 mesi dall’ultimo atto di violenza. La vittima di violenze domestiche può abbandonare la casa in qualsiasi momento senza temere di essere ritenuta responsabile per la fine del matrimonio e ha diritto a percepire il mantenimento, mentre tale diritto lo perde il coniuge violento. Secondo la giurisprudenza, affinchè si verifichi la separazione con addebito è sufficiente un solo episodio violento risalente nel tempo, trattandosi di “un comportamento lesivo della pari dignità di ogni persona”, qualora il rapporto tra i due non sia mai stato recuperato.
Pertanto, il fatto che la coppia abbia continuato a convivere non vuol dire che ci sia stato un rappacificamento. Occorre dimostrare di non essere riusciti a superare il trauma. In assenza di prove video, di registrazioni o di testimonianze, è sufficiente una dichiarazione della donna maltrattata per arrivare a una condanna penale. Non bastano le testimonianze di conoscenze della coppia che, a seguito di una sporadica frequentazione della stessa, affermino di non aver mai assistito a comportamenti prevaricatori dell’uomo sulla donna. Secondo la Suprema Corte, tale affermazioni non sono idonee a smentire la sussistenza di un reato. In un recente caso un uomo, accusato di maltrattamenti, aveva cercato di smentire la moglie che lo aveva accusato di maltrattamenti quando i due si erano già separati. Secondo la Corte di Cassazione, in conclusione, la donna può denunciare il marito per maltrattamenti anche dopo vari anni dalla separazione.