“La ragazza con il braccialetto”: intrigante e allucinante affresco sull’incomunicabilità adolescenziale.

di Vittorio Paolino Pasciari

La ragazza con il braccialetto (La Fille au bracelet) è un film di genere noir-drammatico del 2019 diretto da Stéphane Demoustier.
Il CAST è formato da Melissa Guers (Lise Bataille),  Roschdy Zem (Bruno Bataille), Chiara Mastroianni (Céline Bataille), Annie Mercier (avvocato di Lise), Anaïs Demoustier (avvocato di accusa), Pascal Garbarini (Presidente del Tribunale), Anne Paulicevich (Signora Dufour), Xavier Maly (medico legale) e Vincent Colombe (esperto ADN).
Con un incasso globale di circa 2,6 milioni di dollari ha conquistato l’ottava posizione al box office nel primo weekend di uscita. La critica ha espresso pareri favorevoli sul web: un punteggio medio di 90% / 100% su Rotten Tomatoes ed un voto di 73/100 su Metacritic. Fra i riconoscimenti la pellicola ha ottenuto il premio Lumière 2021 “miglior sceneggiatura” a Stéphane Demoustier.

TRAMA  Francia 2016. La sedicenne Lise Bataille è stata accusata di aver ucciso la sua migliore amica Flora Dufour. Dopo due anni vissuti agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico alla caviglia, per l’ormai diciottenne Lise inizia il processo per omicidio di primo grado. Al fianco della giovane imputata ci sono i suoi genitori, Bruno e Céline, entrambi convinti dell’innocenza della figlia. L’accusa, certa della colpevolezza di Lise, fa emergere la vita segreta dell’imputata rendendo pubbliche verità sconvolgenti sul suo ambiguo rapporto con la vittima. Chi è veramente Lise? Fino a che punto si può affermare con certezza di conoscere le persone che amiamo? Come si può capire e accettare che esiste sempre un’altra verità?

“Cosa ne sappiamo noi degli adolescenti di 16, 17 o 18 anni?”

ANALISI  L’azione scorre lenta attraverso flashback sotto forma di domande con risposta, si concentra in un contesto racchiuso fra aule di tribunale e mura domestiche con poche concessioni esterne, punta alla psicologia dei personaggi delineata con primi piani, discorsi ridotti all’essenziale e silenzi assordanti, e fa della tensione e dell’incomunicabilità fra adolescenti e mondo esterno il suo soggetto principale. Musica e scenografia presentate con inquadrature suggestive unite ad interpretazioni impeccabili contribuiscono a mantenere lo spettatore sul filo di una tensione che non vuole cedere ad una trama semplice e chiara per rivelare il dramma di una normalità apparente sconvolta da una verità che non si riesce ad accettare. Le uniche certezze emergono nelle arringhe finali di accusa e difesa e risultano un efficace prologo al finale, allucinante quanto la fredda naturalezza con cui la giovane protagonista affronta il destino che il regista sembra voler affidare, senza nessuna certezza di verdetto univoco, alla giuria del pubblico che ha seguito la vicenda.

IL REGISTA  Il produttore e regista francese originario di Lille Stéphane Demoustier si è laureato in Scienze Politiche e HEC ed ha iniziato una carriera presso il Ministero della Cultura con la produzione e direzione di documentari per il Dipartimento di Architettura.
Deciso a dedicarsi al cinema diventa cofondatore, assieme alla sorella Jeanne Demoustier, della casa di produzione Année Zéro che inizia la sua attività con diversi cortometraggi. Il primo lungometraggio per il grande schermo è Terre Battée che esce nel 2014 e dello stesso anno è Argilla ritenuto il suo film più notevole.
Fra i riconoscimenti che ne consacrano il talento in patria sono da segnalare, in qualità di produttore, nel 2016 il premio César 2016 “miglior cortometraggio” per La Contre-allée ed il premio del pubblico con menzione speciale della giuria al Festival Internazionale del cinema francofono di Namur per Villeperdue.

 

“Gli esseri umani non sono fatti per finire, sono fatti per cominciare”. (Hannah Arendt)

 

UN AFFRESCO NOIR  Con il suo terzo lungometraggio, premiato con il César “miglior adattamento cinematografico” 2021, il regista francese lascia sullo sfondo il giallo dell’omicidio e, con il realismo senza sconti che caratterizza il genere noir, si serve dell’aula del tribunale per dipingere l’allucinante ritratto umano dove intimo e sociale si fondono per rivelare il mistero, destinato ad essere accettato e forse mai compreso del tutto, dell’adolescenza nel complesso rapporto con genitori e società dove i primi restano sconvolti ma si sforzano di comprendere e accettare ciò che la seconda preferisce compatire, giudicare e condannare.
E se dopo il verdetto finale la maggior parte degli spettatori vorrà schierarsi in quella che fin dall’inizio sembrava la spiegazione più evidente, quelli che invece vorranno andare oltre dovranno ricordare che dietro un ritratto non c’è mai una sola verità da scoprire.

INTRIGANTE E ALLUCINANTE.

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