Da sempre l’essere umano vive facendo oscillare il suo pendolo esistenziale tra il nutrire il proprio animo, da una parte, e dall’altro concentrarsi sulla sfera puramente materiale, cercando di non far primeggiare nessuna della due sfere. È questo quello che insegna Hermann Hesse, scrittore, poeta, filosofo tedesco nonché autore di innumerevoli testi, tra cui “La cura”, opera determinante del XX secolo. Il titolo, inevitabilmente, rimanda all’essenza principe del discorso.
In qualità di filosofo, all’interno dell’opera Hesse si interroga in modo anche pressante sui vari dubbi della vita, e sulla ricerca di un equilibrio che non sempre si riesce ad ottenere. Un vero e proprio viaggio interiore, alla ricerca costante del vero senso del vivere, ed anche un vero e proprio manuale rivolto alle condizioni essenziali per permettere di considerare gli uomini ospiti di questo grande agglomerato che viene definito Terra.
Nei meandri del libro si percepisce la figura dello stesso autore, che ormai deve far i conti con la vita che scorre e con la fase ormai matura di essa, ed anche con le malattie che spesso si incontrano nel percorso vitale, cercando di non incorrere in una delle voragini più pericolose dell’esistenza, la noia.
Condizione che, tuttavia, sperimenta in seguito al suo trasferimento presso una casa di cura a Baden. Qui avviene la sua de-escalation interiore, e il suo prospettarsi sempre di più verso gli aspetti materiali. Non curando più lo spirito, la parte più recondita di esso, non nutrendosi più dell’aspetto primario dentro il quale nasceva il germoglio della sua poesia.
Oggi sembra si sia perso il senso cardine che lo aveva consacrato come poeta, appartenente a quella stirpe novecentesca che si era dibattuta su varie tematiche tra cui propria la vita e tutti i suoi derivati sentimentali. In un secondo momento, rendendosi conto di ciò, decise di cambiare la sua rotta, perseguendo un’altra strada che lo riporterà al confronto diretto con sé stesso, con la sua essenza. Giungendo, infine, ad una conclusione bene precisa: gli uomini, per potersi considerare abitanti temporanei di questo mondo, devono riuscire a tener fede ad un pensiero fondamentale, cercare un equilibrio che possa considerarsi solido tra lo spirito e l’aspetto puramente materiale. Ancora una volta la tecnica scrittoria occupa nella vita dell’uomo una funzione salvifica.