Il fenomeno della violenza di genere dilaga in tutta la nostra penisola. Ogni 72 ore, come ormai è risaputo, una donna viene uccisa. Cosa sta succedendo? Anche nel nostro territorio assistiamo a questo incremento? Cosa può fare una vittima di violenza per chiedere aiuto? A chi può rivolgersi? Ce lo spiega la Dottoressa Francesca Vecchione, responsabile della Casa Accoglienza “Vivere” (gestita dalla cooperativa sociale Marinella), psicologa coordinatrice del Centro Antiviolenza “Frida“, attivo con l’Ambito Territoriale A6 e socia-fondatrice dell’Associazione Maya.
Qual è la situazione a livello di violenza contro le donne nel nostro territorio?
Secondo i dati dell’Osservatorio della Regione Campania, almeno 1/3 della popolazione femminile è stata vittima di violenza. Nel 2023 il numero di vittime donne, dall’inizio dell’anno, è arrivato a 103.
C’è una fascia d’età che risulta più colpita di un’altra?
In genere, dai dati a nostra disposizione, risulta che la fascia più colpita sia quella che va dai 30 ai 45. Tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito ad un incremento della violenza subìta dalle giovani donne che vivono delle relazioni tossiche e, in realtà, anche nella fascia più alta della popolazione , come negli over 60, si registrano purtroppo casi di violenza di genere.
Da quanti anni si occupa di violenza contro le donne? C’è stato anche nel suo territorio un incremento delle richieste di aiuto durante l’ultimo anno? La situazione negli anni precedenti come era?
Mi occupo di violenza contro le donne da più di 6 anni. È iniziato tutto con la creazione dell’opera segno della Caritas Diocesane di Nola, l’associazione Maya, che si occupa in maniera specifica della violenza contro le donne nel territorio nolano. È stata un punto di riferimento per tutta la Diocesi. Ha due sedi: una a Nola e l’altra a Marigliano. Anche da noi sicuramente c’è stato un incremento delle richieste di aiuto negli ultimi anni, tenendo anche in considerazione il fenomeno del Covid, nel 2020 la forzata convivenza delle persone ha fatto aumentare esponenzialmente i casi di violenza di genere.
Quali tipi di violenza vengono perpetrati maggiormente? Quella fisica, psicologica o economica?
I dati i nostro possesso ci dicono che la violenza fisica è presente nel 85% dei casi, quella psicologica nel 64% e quella economica al 40%, seguite da stalking al 30% e violenza sessuale al 15%. Contrariamente a quanto si possa pensare, non esiste una violenza fisica non preceduta da una violenza psicologica: così come nella violenza economica, la violenza psicologica rappresenta il preludio a questa forma di violenza.
Cosa consiglia di fare a chi è vittima di violenza di genere? A chi può rivolgersi, soprattutto nel nostro territorio?
Il numero di riferimento da fare sempre è il 1522, che è un numero nazionale e che ha la mappatura di tutti i centri antiviolenza e di tutte le case accoglienza presenti sul territorio nazionale. Chiamando il 1522, un operatore, che risponde 24 ore al giorno, dà delle indicazioni su quello che è il centro antiviolenza più vicino alla persona. A loro volta anche i centri antiviolenza e le case accoglienza hanno dei numeri di reperibilità, collegati al 1522, che sono attivi H24 per rispondere prontamente alle domande che provengono dalle donne in difficoltà.
Sono molte le donne, che nonostante la richiesta di aiuto, scelgono di denunciare? Se sì, come mai? Di cosa hanno paura?
Dall’analisi dei nostri dati, risulta che una quota che oscilla tra il 50% e il 65% delle donne decide di denunciare, molte ancora hanno ancora paura per paura di ritorsioni, di incattivire ancora di più l’uomo maltrattante o per paura di essere allontanate dai figli.
Cosa ne pensa di quello che sta succedendo a livello nazionale con i femminicidi? Quali sono le cause secondo lei?
Ultimamente, anche da quanto emerge dai mass media, si assiste ad un incremento dei femminicidi e al tempo stesso anche ad un aumento dei casi di denuncia di violenza di genere. È difficile dire se questo è dovuto da un effettivo aumento di questi casi o se è stato acceso un riflettore importante su questi casi che prima non ricevevano le dovute attenzioni.
Cosa ne pensa del ddl approvato al Senato qualche giorno fa presentato dal ministro Roccella?
Sicuramente la direzione giusta va nel rafforzamento delle misure di tutela, nel potenziamento delle misure cautelari e molto importanti, a mio parere, sono anche le iniziative di formazione, perché è importante che tutte le persone che si occupano, a diverso titolo, di violenza di genere siano competenti in materia, affinché si possa evitare quello che è il fenomeno della vittimizzazione secondaria.
Ci parla del suo lavoro e della sua esperienza nel gestire una casa accoglienza per le donne maltrattate?
Dal 2022 sono la responsabile della Casa Accoglienza Donne Maltrattate “Vivere”, gestite dalla cooperativa sociale Marinella. Essa garantisce sostegno emotivo e concreto alle donne e agli eventuali figli ospiti al fine di accompagnarli nello svincolo dalla relazione violenta. Le donne vengono supportate nel recuperare la loro autostima, la capacità di autodeterminazione, ma anche soprattutto nella funzione genitoriale e nel reinserimento socio-lavorativo. Lavorare in casa di accoglienza per donne maltrattate è un’esperienza molto importante perché permette di vivere accanto a queste donne la loro quotidianità h24 e consente di assistere alle loro difficoltà, ma anche alle loro potenzialità; spesso si pensa alla donna vittima di violenza come vittima e basta, come ad un soggetto fragile. È bello invece assistere a quella che è una vera e propria rinascita delle donne, non a caso la nostra struttura di chiama “Vivere”, proprio perché dà la possibilità alle donne vittime di violenza di avere una seconda vita.
Secondo lei, dopo tutto ciò che si è messo in movimento, dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, cominceranno a vedersi dei primi cambiamenti significativi? Da noi ci saranno delle iniziative?
Questi eventi all’inizio hanno un grande impatto emotivo e poi a distanza di tempo, purtroppo, tendono ad essere dimenticati e sostituiti dal successivo evento mediatico collettivo. È importante invece stabilire una cultura di parità di genere, di rispetto reciproco dei ruoli e delle peculiarità di ciascuno, in cui la donna non venga più vista come un oggetto di proprietà dell’uomo, ma come un essere libero, pensante e autodeterminato.