“Il Ritorno di Don Camillo”: il Mondo Piccolo che dà speranza contro le alluvioni

di Vittorio Paolino Pasciari

Venezia, Matera, Genova, sono solo alcune di altre zone fra il Nord ed il Sud dell’Italia che negli ultimi giorni hanno subìto danni ingenti in seguito a nubifragi sempre più intensi. Ed è in tempi come questi che torna la paura per la piena del fiume Po in quella zona dell’Emilia-Romagna resa celebre nella letteratura e nel celluloide grazie a Giovannino Guareschi e alla indimenticabile coppia Don Camillo – Peppone formata dall’italiano Gino Cervi e dal francese Fernandel.

Il ritorno di Don Camillo è un film del 1953 diretto dal regista francese Julien Duvivier ed è il secondo capitolo della fortunata saga (5 film, di cui potete trovare QUI la recensione del primo) che ha per soggetto le vicende dei due protagonisti – il parroco Don Camillo ed il sindaco comunista Peppone – dei racconti scritti da Giovannino Guareschi (1908-1968). La pellicola ha per interpreti principali Gino Cervi (Giuseppe “Peppone” Bottazzi), Fernandel (Don Camillo), Leda Gloria (signora Bottazzi), Saro Urzì (il Brusco), Marco Tulli (lo Smilzo), Giovanni Onorato (Scartazzini), Édouard Delmont (dottor Spiletti), Thommy Bourdelle (Cagnola), Alexandre Rignault (Francesco “Nero” Gallini), Charles Vissieres (il vescovo), Paolo Stoppa (Marchetti) ed i giovani Claudy Chapelaind (Beppo Bottazzi) e Enzo Staiola (Mario Cagnola).


LA TRAMA
Don Camillo è stato trasferito dal suo vescovo in uno sperduto paesino di montagna per punizione dopo l’ennesimo atto di insubordinazione alle provocazioni del sindaco Peppone. Ma è lo stesso sindaco, dopo qualche tentennamento, ad insistere per restituire ai parrocchiani di Brescello il loro manesco quanto insostituibile parroco. Nuove vicissitudini vedono coinvolti i due amici-nemici: un proprietario terriero, Cagnola, ostacola la costruzione di una diga che salverebbe il paese dal pericolo di un’inondazione ed il primogenito del sindaco, Beppo, è insofferente alla vita in collegio imposta dal padre. A ruotare intorno a queste vicende ci sono altre storie minori ma capaci di far sorridere, come il vecchio dottore Spiletti che “muore e poi resuscita” sempre pronto ad opporsi al sindaco per spalleggiare il parroco, la “guerra degli orologi” fra Chiesa e Casa del Popolo e la piccola vendetta all’olio di ricino contro un ex gerarca fascista, Marchetti. Il susseguirsi dei nuovi scontri fra drammatico e comico viene infine sommerso, letteralmente, dall’alluvione che fa straripare il fiume Po inondando Brescello.

ANALISI DEL FILM Il secondo capitolo della fortunata saga cinematografica comincia con i due avversari che, separati, devono superare il proprio orgoglio che nasconde il legame che li unisce. La malinconia del parroco, che non riesce ad adattarsi al suo confino, viene accentuata dal Cristo Parlante che all’inizio sembra ignorare del tutto la tristezza del suo burbero servitore.

La nostalgia del sindaco è sottilmente velata da un’apparente quanto spassosa sicurezza di sè nell’affrontare nuovi problemi senza l’ausilio del suo ineguagliabile nemico. In una memorabile rivisitazione del Golgota, il parroco ottiene il perdono del Signore (“[…] Non ho mai smesso di parlarti, ma tu non mi sentivi perché avevi le orecchie chiuse dall’orgoglio e dalla violenza […]”) ed in un irresistibile dialogo con il vescovo il sindaco ammette di non poter fare a meno del suo avversario (“[…] Ascolti monsignore, siamo franchi. […] La verità è questa: il paese ha bisogno di Don Camillo. […] Insomma Io! […]”).  I nuovi battibecchi fra comico e drammatico sfiorano la tragedia quando la rivalità fra Peppone e Cagnola coinvolge i rispettivi figli con quello del sindaco che rischia di morire dopo una lite. Con un realismo perfetto, grazie ad una riuscita combinazione di immagini reali e riproduzioni fittizie, viene resa la tragicità dell’alluvione che infine sommerge Brescello. A chiudere con un tocco di speranza la storia è un commovente finale che fa emergere ancora una volta la purezza del cuore di un mondo piccolo che aiuta a superare i momenti più difficili.

SPERANZA DAL “MONDO PICCOLO” Nel memorabile discorso finale del parroco per la messa domenicale emerge ancora quella profonda umanità che caratterizza i personaggi creati da Guareschi:

[…] Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case. Un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. Allora ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili e con la tenacia che Dio ci ha dato, ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dalle nostre città e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie e quando avremo voglia di morte, cercheremo di sorridere. Così tutto sarà più facile e il nostro paese diventerà un piccolo paradiso in terra. […]

Una ricostruzione realisticamente convincente (il riferimento storico è l’alluvione del Polesine del novembre 1951) ed interpreti assolutamente perfetti, primi fra tutti Gino Cervi (1901-1974) e Fernandel (1903-1971) – rispettivamente sindaco e parroco – sono i punti di forza di questo sequel che è in grado di fornire nuova speranza ad un’Italia che – citando ed allargando la predica di Don Camillo ai suoi parrocchiani – “vittima di quelli che promettono sempre e non mantengono mai”, sembra sempre più impreparata di fronte alla furia della Natura che risponde alla crescente noncuranza dell’uomo, mai come adesso sempre più preda dei suoi lati peggiori alimentati dall’ignoranza nutrita da un progresso solo superficiale. Una trasposizione costruita in modo perfetto diverte, emoziona e, nell’immagine delle famiglie che resistono alle intemperie sulla riva del fiume, richiama alla mente di noi odierni chi ancora adesso, con tutto il benessere che si decanta, si ritrova senza speranza di fronte a calamità naturali.

Ed in particolare, chi fra i nolani, anche se per un solo weekend (14-15 settembre 2019), ha potuto vivere l’emozione di visitare quel piccolo paese sulla riva destra del Po’, non può non volgere un pensiero di solidarietà agli abitanti di Brescello, senza dimenticare tutte le altre zone vicine e lontane che ancora sono nella morsa del fango e della pioggia per l’inettitudine di chi indegnamente riveste la carica di chi dovrebbe sostenere e non solo allettare il suo Paese.

CAPITOLO DI STORIA DEL CINEMA DA PRESERVARE.

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