Oggi parliamo di quello che è forse il cult movie per eccellenza degli anni novanta. Diretto da Alex Proyas e basato sull’omonimo fumetto di James O’Barr (da cui però differisce in molti punti), Il corvo – The Crow debutta nelle sale cinematografiche nel maggio 1994.
Il musicista rock Eric Draven (Brandon Lee) sta per sposarsi nel giorno di Halloween con la sua giovane fidanzata Shelly Webster (Sofia Shinas), ma la notte prima delle nozze (la cosiddetta “notte del diavolo”) quattro balordi irrompono nell’appartamento della coppia uccidendo Eric e violentando a turno la ragazza che perderà la vita più tardi in ospedale. Un anno dopo questi efferati eventi un misterioso corvo – tramite tra il regno dei vivi e quello dei morti – si posa sulla tomba di Eric facendolo resuscitare e donandogli poteri sovrannaturali che il giovane utilizzerà per mettere in atto la sua vendetta.
Quando si parla del Corvo non si può fare a meno di parlare anche della morte della sua star protagonista, Brandon Lee (figlio di Bruce Lee), il quale perse tragicamente la vita sul set a pochissimi giorni dalla fine delle riprese (il film fu poi completato con l’ausilio di controfigure e grazie a tecniche di computer grafica all’epoca avveniristiche). Brandon rimase gravemente ferito in un controverso incidente che coinvolse un revolver di scena che avrebbe dovuto essere caricato a salve, spegnendosi diverse ore dopo in ospedale durante l’intervento chirurgico. Il proiettile che lo uccise fu esploso dall’attore Michael Massee (Funboy nel film) il quale, nonostante la natura del tutto accidentale dell’incidente (Massee fu scagionato da ogni accusa), rimase profondamente scosso dall’accaduto e cadde in uno stato depressivo che lo accompagnò praticamente per tutto il resto della sua vita (“Non penso che tu possa mai riprenderti da qualcosa del genere” dichiarò l’attore nel 2005). Massee rivelò inoltre di non aver mai visto il film. Morì nel 2016 per un tumore allo stomaco: per una sorta di crudele ironia della sorte, l’attore che sparò allo stomaco di Brandon Lee morì per un male sviluppatosi nel suo stesso stomaco. Ma Massee non fu il solo a rimanere segnato dalla morte di Brandon. L’esperienza fu traumatica per tutta la troupe, in particolare per lo stesso Proyas, che durante le riprese aveva legato molto con la giovane star emergente.
Come spesso capita nel mondo dello Star System, nel tempo sono fiorite le teorie più disparate sulla morte di Brandon, che alcuni tendono a legare a quella del padre Bruce in un’ottica fatalista (una sorta di fantomatica maledizione che graverebbe sui primogeniti della famiglia Lee) o meramente complottista (ci sarebbe lo zampino della mafia cinese). Una coincidenza che fa certamente gelare il sangue è che in Game of death, suo ultimo film uscito postumo, Bruce Lee interpretava proprio il ruolo di un attore a cui sparano sul set con una pistola vera che doveva essere caricata a salve. Sia quel che sia, padre e figlio riposano ora in due tombe vicine, accomunati dal triste destino di essersene andati giovani e nel pieno della carriera.
Archiviato il doveroso capitolo sulla morte di Brandon, passiamo ad analizzare le caratteristiche salienti della pellicola, a partire dallo stile visivo, toccante nella sua cupezza espressionista che riesce a restituire le suggestive atmosfere marcescenti e disperate del fumetto originale (grande merito va alla fotografia desaturata e filtrata in maniera da esaltare le tinte scure, lasciando quelle calde ai soli flashback). Un’atmosfera dark, decadente, che richiama il Darkman di Sam Raimi (memorabile cinecomic degli anni novanta molto sottovalutato), e l’Edward mani di forbice di Tim Burton. Il personaggio di Eric Draven, grazie alla sua perfetta caratterizzazione e alla splendida interpretazione di Brandon Lee, è diventato iconico per le generazioni successive e ancora oggi, se girate per le strade nel giorno di Halloween, vi si potrebbe parare innanzi con quel suo inconfondibile volto dipinto di bianco e di nero.
Ma tutti i personaggi del film – non solo Eric Draven – risultano delineati in maniera eccellente. Il cast può contare sulla presenza di una serie di caratteristi di grande professionalità, fra cui spiccano le carismatiche interpretazioni di Michael Wincott nel ruolo del villain Top Dollar e di Ernie Hudson nel ruolo del poliziotto dal cuore d’oro Darryl Albrecht.
Indimenticabile la colonna sonora che vanta la partecipazione di artisti quali: Cure, Pantera, Rage Against the Machine, The Jesus and Mary Chain e Nine Inch Nails (con una cover dei Joy Division). Rock dal sapore gotico che non si limita ad accompagnare le atmosfere del film, ma contribuisce a crearle.
Non mancano i riferimenti letterari a tema, col personaggio di T-Bird che cita Il paradiso perduto di Milton e lo stesso Eric che recita, rimaneggiandolo leggermente, un verso della poesia Il corvo di Edgar Allan Poe. (A proposito, avete mai fatto caso che il cognome del protagonista, Draven, rimanda nella sua pronuncia inglese a “the raven”, per l’appunto “il corvo”?).
Capolavoro di vendetta che trasuda fascino gotico e romantico, diretto con maestria dal giovane e talentuoso Alex Proyas, il Corvo è un’opera visionaria e fuori dal tempo come qualunque fiaba che si rispetti. Dotato di uno spessore e di una profondità emotiva impensabile per i cinecomic odierni, da ormai venticinque anni rimane un appuntamento imperdibile per gli amanti del cinema. Le indubbie qualità artistiche, unitamente all’interesse suscitato dalla tragica vicenda di Brandon Lee, lo hanno reso un successo commerciale senza precedenti e il cult per eccellenza degli anni novanta.
Negli ultimi anni si sono rincorse voci circa un reboot del film (possibilità che nel 2018 si stava tramutando in certezza). Proyas si è però sempre schierato contro quest’eventualità, dichiarando: “Il corvo non dovrebbe essere un film degno di un ‘rifacimento’, se non fosse stato per Brandon Lee. Se non fosse stato per Brandon, forse non avreste mai nemmeno sentito parlare di questo commovente piccolo fumetto underground. È il film di Brandon. Credo che sia un caso speciale in cui Hollywood dovrebbe lasciare che rimanga una testimonianza dell’enorme talento di un uomo e del suo estremo sacrificio: non ci dovrebbero essere altre persone che lo riscrivano o aggiungano altro. So che sono stati fatti sequel e serie TV, ma credo che il concetto di ‘reboot’ per il personaggio originale – un personaggio a cui Brandon ha dato vita a un costo troppo alto – mi sembra sbagliato. Per favore, lasciate che questo rimanga il film di Brandon”.
Brandon Lee (così come il suo personaggio Eric) avrebbe dovuto sposare la sua fidanzata Eliza Hutton subito dopo la conclusione delle riprese. Nel finale la dedica che si staglia sullo schermo, toccante, non poteva che essere: “For Brandon and Eliza”.