I dati raccolti dal Conflict index 2024 (Indice dei conflitti), il rapporto annuale pubblicato a gennaio 2024 dall’Acled, l’organizzazione non governativa che si occupa di monitorare i conflitti nel mondo, mostra un quadro preoccupante: nel 2023 i conflitti sono aumentati del 12% rispetto al 2022 e di oltre il 40% rispetto al 2020. Secondo questi dati, una persona su sei vive in un’area in cui vi è un conflitto attivo. Nei 234 Paesi e territori analizzati, la maggioranza ha visto almeno un episodio di conflitto nel 2023. In totale, si registrano oltre 147mila eventi di conflitto e almeno 167.800 vittime. Ben 50 paesi sono caratterizzati da conflitti definiti come “estremi”, “elevati” o “turbolenti”.
L’aggiornamento 2024 dell’Indice valuta i livelli di conflitto in base a quattro indicatori chiave: mortalità, pericolo per i civili, diffusione geografica del conflitto e frammentazione dei gruppi armati. I 50 Paesi con i tassi di conflitto più alti sono interessati di fatto dal 97% di tutti gli eventi registrati nel 2023. Ucraina, Myanmar, Messico e Palestina occupano i primi quattro posti in base a ciascuna categoria.
Ma quante sono le guerre nel mondo? E’ difficile valutarlo, molti infatti sono conflitti interni o addirittura guerre con cartelli criminali. Secondo Italiaindati, tuttavia, alcune guerre sono oggettivamente tali e tra esse che ne sono alcune estremamente letali. Nella Repubblica Democratica del Congo dal 1999, ad esempio, si contano più di 5 milioni di morti, ma in altri Paesi non in guerra esistono conflitti interni molto sanguinosi, come ad esempio la guerra connessa allo spaccio di droga in Messico che ha fatto registrare più di 350.000 morti dal 2006. Alcuni conflitti sono attivi da molto tempo, come il conflitto Israele-Palestina (dal 1948), la guerra interna del Myanmar (dal 1948) o la Guerra del Kashmir tra India e Pakistan (dal 1947); altri risultano più recenti, come la guerra jihadista di Cabo Delgado nel Mozambico (dal 2017) o la guerra tra Russia e Ucraina, scoppiata nella prima parte del 2022. Altri conflitti, invece, sono considerati “crisi” ma ugualmente sono da valutarsi come delicati e sanguinosi. E’ il caso del Camerun o della Libia o, ancora, dell’Afghanistan.
E l’Italia che posizione ha al riguardo? Ufficialmente il Paese non può entrare in guerra per attaccare ma, attraverso varie leggi, è consentita la vendita all’estero di armi. L’Italia, in particolare, vende in maniera diretta (in alcuni casi è stato analizzato come ci fossero state vendite anche verso Paesi pericolosi attraverso percorsi non pienamente regolari) in tutto il mondo: in testa troviamo l’Egitto con 871,7 milioni di euro di esportazioni di armi italiane, in seconda posizione troviamo il Turkmenistan con 446,1 milioni, seguiti poi da Arabia Saudita ed Emirati Arabi che sono in 11° e 12° posizione.