Il governo fa i conti con un PIL fragile, mentre la campagna elettorale entra nel vivo

di Marco Sigillo

Si avvicinano le elezioni europee, si respira aria di campagna elettorale e si comincia a preferire le chiacchiere ai fatti.

I partiti al governo sono stati impegnati a cercare alleanze e a presentare liste, cercando di far passare in sordina quanto contenuto del Documento di Economica e Finanza. Nel documento approvato dal Consiglio dei Ministri la crescita del PIL nel 2019 viene calcolata intorno allo 0,1%. Nel 2018 il governo aveva azzardato una previsione di crescita dell’1%. Il vicepremier Di Maio aveva ironizzato qualche mese fa sulle stime dell’FMI e di Bankitalia, che invece a quanto pare avevano intuito la fragilità della situazione economica italiana. Ridimensionato anche l’impatto atteso dal reddito di cittadinanza. Le Lega promette la Flat Tax ma il Ministro Tria ha già detto chiaramente che servirà trovare 40 miliardi di euro per scongiurare l’aumento dell’IVA.

L’8 aprile Salvini ha incontrato i partiti europei con cui punta a creare un gruppo al Parlamento di Strasburgo. Nome del progetto “L’Europa del buon senso”, per ora confermata la presenza di Alternativa per la Germania, i Veri finlandesi e Partito popolare danese. Tutti partiti considerati populisti e sovranisti. In comune l’obiettivo di ridare più poteri ai governi nazionali, difendere le frontiere dai flussi migratori e valorizzare il made in Europe.

Di Maio invece ha presentato i capolista, cinque donne, accompagnate dallo slogan “ContinuareXcambiare”. Non sono mancate critiche a Salvini, reo, a detta del Movimento 5 Stelle, di allearsi con quei partiti che in Europa ostacolano le richieste italiane e che si sono dimostrati i più chiusi sul tema accoglienza. Al primo posto del piano europeo del Movimento c’è la lotta alle politiche di austerità e la riduzione dei costi della politica europea.

Il PD accoglie la notizia dell’assoluzione di Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, dall’accusa di spese immotivate. Critiche verso chi all’interno del partito aveva voluto la testa di Marino, con un atteggiamento per nulla garantista. Orfini e Renzi all’epoca dei fatti avevano dimostrato un certo accanimento nei confronti del sindaco, comportamento che, a detta di molti, ha portato il Movimento 5 Stelle alla conquista politica della capitale.

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