Il ritorno di “Godzilla” al cinema: e se i veri mostri fossero gli umani che vogliono dominare la Natura?

di Vittorio Paolino Pasciari

Chi da bambino negli anni ’80 e ’90 passava parte del tempo libero guardando la TV, non può aver dimenticato, ora che è adulto, un capitolo cult della produzione cinematografica nipponica, oltre ad indimenticabili cartoni, che solo grazie al coraggio di poche reti private e di case produttrici indipendenti (la censura è una patetica faccia dell’ignoranza) è arrivato entro i confini dell’Occidente: tokusatsu e kaijū eiga.

Godzilla II – King of the Monsters è un film del 2019 diretto da Michael Dougherty. La pellicola è il sequel del film Godzilla diretto da Gareth Edwards nel 2014, ed ha per interpreti principali Kyle Chandler (Mark Russel), Vera Farmiga (dott.ssa Emma Russel), Ken Watanabe (dott. Ishiro Serizawa), Bradley Whitford (dott. Rick Stanton), Charles Dance (col. Alan Jonah), Millie Bobby Brown (Madison Russel), O’Shea Jackson Jr (agente Jackson Barnes), Sally Hawkins (dott.ssa Vivienne Graham), Thomas Middleditch (Sam Coleman), Zhang Ziyi (dott.ssa Ilene Chen), Aisha Hinds (colonnello Diane Foster), Anthony Ramos (sergente Anthony Martinez) e David Strathairn (ammiraglio William Stenz). Gli unici attori a far ritorno dal film precedente sono Hawkins e Watanabe.

LA TRAMA La nuova storia segue le eroiche gesta dell’agenzia cripto-zoologica M.O.N.A.R.C.H. e dei suoi membri, che fronteggeranno una serie di mostri dalle dimensioni divine, tra cui il possente Godzilla, che si scontrerà con Mothra, Rodan e la sua nemesi più pericolosa, il mostro a tre teste King Ghidorah. Quando queste antiche super-specie – ritenute veri miti – tornano in vita, inizierà la competizione per la supremazia, mettendo a rischio l’esistenza dell’umanità.

ANALISI DEL FILM  Dopo l’ultimo e devastante ritorno di Godzilla il pianeta si ritrova ad essere teatro del risveglio di altri mostri che fino a quel momento erano solo leggende confinate nelle parole. D’altro canto l’umanità spaventata è divisa fra chi vorrebbe ricorrere ad ogni mezzo, non meno devastante della minaccia individuata, per sterminare tutte le creature risvegliate, e chi invece vorrebbe aprire gli occhi degli uomini sull’impossibilità di frenare la forza di una Natura che reclama l’espiazione degli abusi subìti dalla dominazione dell’homo sapiens. In questo clima apocalittico si muove un padre che inizialmente vuole vendetta per la perdita del figlio ma che poi scoprirà che un altro è il vero nemico e, cosa più sconcertante, che sarà infine risvegliato dalla deviata mente di sua moglie. Questa drammatica vicenda umana fa da sfondo e da preludio ad uno scontro fra titani quale metaforico monito di una lezione sempre da ricordare, cioè che l’uomo deve imparare a coesistere con la Natura anche quando mostra il suo lato più spietato.

IL CAST Ogni personaggio svolge il suo ruolo egregiamente, da Vera Farmiga, madre scioccata che vuole punire gli umani a suo avviso responsabili della morte del figlio, a Kyle Chandler che cerca vendetta ma che poi deve trovare un’improbabile alleanza contro il nemico vero; da Charles Dance, eco-terrorista subdolo e spietato, all’eroico Ken Watanabe, vero anello di congiunzione fra gli umani e la coesistenza con la Natura infuriata rappresentata da Godzilla. A questi interpreti principali si aggiungono immancabili elementi di ironica comicità fra i soldati del gruppo M.O.N.A.R.C.H. che alleggeriscono il tono altrimenti troppo cupo.

Godzilla (1954), regia di Ishirō Honda

LA LEGGENDA DAL GIAPPONE  Sotto la definizione di tokusatsu (lett. “effetti speciali”) si indica un genere di film e serie tv giapponesi di argomento fantascientifico, fantasy o horror. Il più famoso esempio di questo tipo di cinematografia sono quelle produzioni che hanno come personaggi principali i cosiddetti kaijū (lett. “strana bestia”), ovvero un particolare mostro tipico della fantascienza giapponese. E con l’espressione kaijū eiga (lett. “film di mostri giganti”) si indicano quei film che, giunti in Occidente negli anni ’50, hanno portato sul grande schermo come protagonisti/antagonisti i kaijū nelle loro diverse forme: kaijin (“mostri umanoidi”) e daikaijū (“mostri giganti”).  Capostipite e sicuramente il più celebre di questi mostri è proprio Gojira
(Godzilla in Occidente) che fa il suo esordio ufficiale nel 1954 nel film omonimo diretto da Ishirō Honda e prodotto dalla Toho Company Ltd. L’ispirazione per la creazione di questi mostri è venuta agli autori giapponesi a partire dal secondo dopoguerra. Infatti sovente in questo genere di fantascienza è un riferimento, e soprattutto una denuncia, verso l’uso sconsiderato dell’energia atomica le cui radiazioni sono spesso, nella trama dei film, la causa principale delle mutazioni che hanno dato origine ai kaijū di turno.

LE ORIGINI DI UN MITO Una perfetta descrizione di Godzilla è da ricercare nelle parole di un regista di alcuni suoi film, Jun Fukuda:

«Immaginavo Godzilla come la personificazione della violenza e dell’odio per l’umanità, poiché fu creato dall’energia atomica. Portò in sé questa ira a causa delle sue origini. È come un simbolo della complicità umana nella sua propria distruzione. Non ha emozioni, lui è un’emozione.»

Il riferimento storico che subito si può intuire è il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, ma soprattutto l’incidente della Daigo Fukuryu Maru, nave giapponese per la pesca ai tonni che fu esposta e contaminata dalle radiazioni provocate da un esperimento nucleare statunitense di una Bomba H sull’Atollo di Bikini (1 marzo 1954). L’idea che stimolò l’immaginazione del produttore della Toho, Tomoyuki Tanaka, venne quando, nella primavera del 1954, si stava recando in aereo a Tokyo da Giacarta, dopo un fallito progetto cinematografico. Durante il volo l’aereo passò sopra l’Atollo di Bikini, poco tempo dopo il citato esperimento nucleare USA. Il ricordo di quell’incidente unito alla memoria di Hiroshima e Nagasaki accesero la scintilla per redigere una storia che avrebbe avuto come soggetto la natura che si vendica sull’umanità che ha creato la bomba atomica.


Il libro tratto dalla sceneggiatura originale del film del 1954
(la prima traduzione italiana, ed. Kappalab-Novel, 2018)

La sceneggiatura venne affidata allo scrittore horror Shigeru Kayama e l’aspetto esteriore del mostro all’artista Kazuyoshi Abe. Il design iniziale prevedeva una creatura incrocio fra un gorilla e una balena (il nome Gojira è una parola-macedonia fusione dei termini giapponesi gorira, ‘gorilla’, e kujira, ‘balena’). Ma lo stesso Tanaka, traendo spunto dal film Il risveglio del dinosauro (1953) optò per un aspetto “dinosauresco”, ritenendolo “più adatto ai giorni nostri”. Anche se i lineamenti e le capacità distruttive del primo kaijū variano a seconda della storia in cui questo fa la sua comparsa, grosso modo il design rispetta a pieno quello originale del 1954.

Godzilla risulta una pittoresca combinazione di diversi elementi che rendono l’animale assolutamente unico e inconfondibile. La corporatura, seppur più massiccia e con postura più eretta, mostra elementi riconducibili a specie preistoriche quali Iguanodon e Tyrannosaurus, con l’aggiunta dello Stegosaurus per le spine-placche osse sporgenti sul dorso. La testa risulta ridotta, gli arti inferiori più muscolosi e quelli superiori dotati di quattro dita con pollice opponibile. Dall’aspetto è facile dedurre che sia dotato di una forza fisica immensa, rappresentata con maggiore efficacia dal fatto che nei primi film ad interpretare il mostro erano attori esperti di arti marziali. Che sovente faccia la sua comparsa dalle profondità del mare lascia immaginare una natura semi-anfibia che gli permette di respirare sott’acqua. Da attribuire all’effetto delle radiazioni sono una grandezza abnorme rispetto ai dinosauri finora scoperti, una pelle di consistenza robusta ed irregolare (simile alle cicatrici presenti sui superstiti di Hiroshima) e la capacità di rigenerarsi. Tutti questi fattori rendono il mostro difficile da abbattere con armi convenzionali e, terribilis in fundo, c’è l’arma più potente conferita al mostro dalle radiazioni: una ghiandola al plasma localizzata al posto dello stomaco che può innescare una reazione nucleare capace di sparare dalla bocca l’energia prodotta nella forma di ‘raggio atomico’ (Final Ray), mentre l’energia in eccesso viene scaricata dalle spine dorsali, illuminandole.

LA SAGA UFFICIALE In totale, escludendo gli ultimi due appena usciti, sono 33 i film ufficiali che compongono la saga di Godzilla, la maggior parte dei quali prodotti dalla Toho e per convenzione suddivisi in quattro ere.    Shōwa (1954-1975): 15 film di cui sei diretti da Ishirō Honda e 5 da Jun Fukuda. Seppur destinato ad un pubblico adulto, dopo il suo esordio ufficiale si notò che Godzilla riscuoteva un maggior successo di pubblico fra i bambini delle elementari. Per questo motivo i film che vennero dopo risultano essere vere e proprie storie per ragazzi che puntano all’intrattenimento che insegna divertendo. Da vendicativo simbolo della natura contaminata il mostro si trasforma in un eroe che difende la Terra, spesso siglando improbabili quanto divertenti team-up con rivali divenuti alleati per respingere mostri dallo spazio (Godzilla contro i Giganti, 1972 – Godzilla contro i Robot, 1974), o anche con robot telecomandati da umani in stile mecha-anime (Ai confini della realtà, 1973). Nonostante l’azione distruttiva degli scontri (set visibilmente in scala, qualche marionetta animata in stop motion, l’uso di costumi gommati con i mostri che hanno facce ai limiti del ridicolo) il tono è decisamente leggero e punta al comico anche quando tratta temi come la lotta contro l’inquinamento (Godzilla – furia dei mostri, 1971).


Godzilla (Era Shōwa)

Heisei (1984-1995): 7 film, di cui 2 diretti da Kazuki Ōmori, 3 da Takao Okawara e gli ultimi 3 inediti in Italia. Con Il ritorno di Godzilla (1984) si decise di riallacciarsi alla trama dell’esordio del 1954, ignorando del tutto gli eventi dell’era Showa. I film risultano notevoli per la loro stretta continuità e, soprattutto, riportano Godzilla al suo originario ruolo di temibile creatura distruttiva (lo stesso design del mostro appare decisamente più minaccioso). Il tono si fa più cupo e inizia ad affrontare temi come gli aspetti morali della genetica (Godzilla contro Biollante, 1989). Gli effetti speciali, sempre attori in costume coadiuvati da animatronics, risultano più avanzati e curati nel loro realismo artigianale. Nell’ultimo film di questa era (Gojira tai Desutoroia, 1995) si assiste, dopo il 1954, alla seconda morte di Godzilla.

Godzilla (Era Heisei)

Millenium (1999-2004): 6 film inediti in Italia che risultano ognuno avere una propria continuità come sequel del primo film ed in cui Godzilla appare con un look decisamente più spaventoso ed una forza ancora più devastante (tanto da riuscire con un solo colpo di Final Ray a distruggere i nemici di turno).


Godzilla (Era Millenium)

Reboot (2016-2018): 4 film di produzione giapponese, tre dei quali distribuiti in Occidente, che risultano un rifacimento delle ere passate con l’ausilio di effetti speciali perfezionati.  

LA VERSIONE USA, UN ESPERIMENTO FALLITO Nell’ottobre 1992 la Tristar Pictures acquistò i diritti dalla Toho con l’intento di produrre un nuovo film con protagonista il mostro nipponico. Un primo progetto venne accantonato per l’abbandono di regista e sceneggiatori, un secondo venne affidato a Roland Emmerich (regia) e Dean Devlin (sceneggiatura). Nonostante un cast famoso, fra cui spicca Jean Reno in un irresistibile ruolo di antieroe, ed una sceneggiatura tutto sommato accettabile, Godzilla (1998) non si salva dal far sembrare il nuovo look del mostro una brutta copia di Jurassik Park, ottenendo un moderato successo al botteghino oscurato da un flop di critica.


Godzilla (1998), rifacimento statunitense

UN DEGNO REBOOT  Nel 2004 il regista Yoshimitsu Banno ebbe il permesso dalla Toho per produrre un cortometraggio IMAX di Godzilla. Il progetto è poi passato alla Legendary Pictures dopo anni di inattività per avviare un nuovo lungometraggio. Il film, che sarebbe stato un reboot, fu annunciato nel 2010 come un progetto condiviso con la Warner Bros Pictures e con Gareth Edwards come regista. Le riprese terminarono nel 2013 in Canada e USA.


Il reboot prodotto da Legendary Pictures nel 2014

Distribuito in occasione del 60o anniversario dell’uscita del primo film, Godzilla (2014) è risultato un successo di botteghino e di critica. Il design ed il contesto riprendono quasi del tutto fedelmente il mostro delle ere Heisei e Millenium. Due nuovi kaijū, i M.U.T.O. (acronimo inglese che sta per “massivi organismi terrestri non identificati”), una coppia maschio e femmina capaci di emettere impulsi elettromagnetici per aver assorbito radiazioni, sono qui i nemici da sconfiggere. Lo scontro è spettacolare quanto realisticamente perfetto grazie ad un uso ponderato del CGI. Il più volte citato titolo di “Re dei mostri”, in origine un sottotitolo inserito a scopo pubblicitario nella locandina distribuita negli USA per l’esordio del 1954, che viene riproposto nel finale con un interrogativo (“KING OF THE MONTERS: SAVIOR OF OUR CITY?”) è un degno omaggio alle origini Showa.

MONSTERVERSE, UN RITORNO IN GRANDE STILE Il successo del reboot del 2014 incoraggiò la Toho a girare un reboot nel 2016 (Shin Godzilla), risultato un successo in patria e distribuito in Occidente solo per il mercato home-video. Contemporaneamente la Legendary ha proseguito a creare un media franchise, il Monsterverse, composto da una quadrilogia che, inziata con il reboot del 2014, include il reboot di un altro celebre mostro del celluloide, di origine statunitense, ovvero King Kong (Kong: Skull Island, 2017) e che, dopo il sequel qui recensito, si concluderà con un epico scontro finale nel 2020 (Godzilla vs Kong).

UNO SCONTRO FRA TITANI Nelle varie storie in cui è apparso, Godzilla è stato affiancato da un gran numero di mostri che hanno svolto alternativamente il ruolo di antagonisti o alleati. Tre di questi ritornano, in una veste in CGI più realisticamente temibile, in questo sequel. E a rendere ancora più intrigante il tempo che separa lo spettatore dall’epico scontro nel finale è una soddisfacente ricostruzione sulle mitiche origini di ciascuno dei mostri, che in questa nuova edizione vengono ribattezzati ‘Titani’.

 

Rodan (Era Heisei)

Rodan è un gigantesco pteranodonte (dinosauro alato) che per effetto delle radiazioni ha acquisito la capacità di volare a velocità ultrasoniche e di creare spostamenti d’aria distruttivi. Il nome nipponico è Radon (contrazione da [pte]Ra[no]don) ma nella versione inglese è stato modificato per evitare confusione con l’elemento chimico radon. Il suo esordio ufficiale è in un film omonimo diretto da Ishiro Honda (Rodan, il mostro alato, 1956) ma poi diviene personaggio ricorrente nella saga dedicata a Godzilla. Come il mostro nipponico, anche Rodan subisce tra le varie Ere un cambiamento di design che lo porta da un aspetto quasi comico ad uno più temibile. Se per Godzilla
le origini sono tutt’altro che chiare (versioni discordanti a seconda delle varie ere), Rodan è un kaiju di cui, nella finzione scenica, si conoscono con certezza le origini (un dinosauro realmente esistito, mutato e risvegliato dalle radiazioni) e talvolta è stato visto come simbolo del pericolo rappresentato dall’URSS. Nella nuova veste in CGI le sue origini non vengono specificate ma viene associato ad un antico demone del fuoco.

 

Mothra (Era Heisei)

Mothra, “Mosura” in giapponese, fa il suo esordio in un film omonimo diretto da Ishiro Honda (1961) per poi diventare personaggio ricorrente nella saga di Godzilla. Fra i mostri della Toho è secondo solo a quest’ultimo per le apparizioni cinematografiche. Viene tipicamente raffigurata come una colossale falena (il nome è una contrazione dell’inglese MOTH, “falena”, con il suffisso –ra derivante da Goji-ra ad indicare le dimensioni gigantesche) proveniente dall’immaginaria Infant Island. Come l’insetto di riferimento anche Mothra ha un processo di crescita che passa per 3 stadi (uovo, larva, falena) e nella sua forma definitiva è capace di creare forti venti sbattendo le ali e di emettere dalle stesse una polvere velenifera (nell’Era Heisei, in alcuni casi può emettere raggi energetici dalle antenne). Il design, poco evolutosi nel corso delle ere, accosta la creatura più ad una farfalla della specie Vanessa io / Occhio di Pavone che al posto della proboscide possiede due mandibole dentate tipo tricottero. Al contrario dei vari kaiju della Toho, si tratta di un personaggio eroico, essendo stata raffigurata come la guardiana della sua isola di origine, del Giappone e del pianeta Terra. Solitamente viene accompagnata da due umanoidi gemelli di sesso femminile, battezzate Shobijin (lett. “piccole bellezze”) che la evocano con un canto e le fanno da portavoce presso gli umani. Nel film Godzilla vs Mothra (1992, regia di Takao Okawara) ha una sorella gemella, Battra, di aspetto più dark (occhi rosso sangue, spuntoni e spine sul corpo, artigli sulle zampe e raggio venefico dalla bocca) e di natura malvagia. Nella nuova versione in CGI è capace di sparare tele paralizzanti dalla bocca, sia nello stadio di larva sia che in quello di falena, è armata di zampe acuminate e pungiglione e si mostra da subito alleata di Godzilla. In questa versione agisce senza l’ausilio delle Shobijin.

 


King Ghidorah (Era Heisei)

King Ghidorah è un gigantesco drago alato dorato a tre teste con una coda biforcuta e capace di sparare raggi energetici dalle tre bocche. In tutte le sue apparizioni a partire dal suo esordio nel 1964 (Ghidorah! Il mostro a tre teste, regia Ishirō Honda) è considerato l’arcinemico di Godzilla e di Mothra. Se le sue origini risultano mutevoli a seconda dei bisogni narrativi (un demone extraterrestre, una creatura geneticamente modificata del futuro, un antico guardiano del Giappone) alcune versioni sull’ispirazione degli autori non sono del tutto accertate: la minaccia della Cina come potenza nucleare (il drago è il simbolo della Cina), una versione moderna di Yamata no Orochi, mitologico drago della religione scintoista, un rimando all’Idra di Lerna, bestia della mitologia greca antica. Nella nuova versione in CGI ha il potere di richiamare a sé, come un predatore-alpha, gli altri mostri risvegliati e se perde una testa può rigenerarla, proprio come l’Idra di Lerna.

INTRATTENIMENTO CHE FA RIFLETTERE La natura incontaminata ha un suo delicato equilibrio che rimane invariato anche durante l’evoluzione delle specie. Gli esseri umani dimostrano di ignorare questa realtà quando per appagare bisogni che sorpassano quelli naturali preferiscono piegare ai loro bisogni il pianeta che ha dato loro la vita. L’evoluzione per noi homines sapientes, mai come oggi coincide principalmente con il progresso tecnologico, atto a dare sempre più comodità e controllo attraverso un inevitabile abuso della natura. Eppure, la piccolezza dell’uomo si manifesta quando la Natura si arrabbia e decide, nella spietata quanto legittima equità delle sue reazioni, peggio se coadiuvate dagli errori umani, di scatenare calamità contro le quali si può fare ben poco per evitare un nuovo sacrificio di innocenti, che sempre sono meno della metà, bambini e adolescenti soprattutto, rispetto ai veri responsabili dei disastri ecologici.

Coesistenza ed equilibrio con il pianeta sono concetti che troppo spesso ignoriamo, nella patetica convinzione di avere diritto alla supremazia solo perché dotati di un’intelligenza che risulta superiore quanto lo è la paura innata della nostra ‘piccolezza’ rispetto alla Natura che ci dà la vita e, quando vuole, può togliercela. Ed è questa paura la vera deviazione che ci conduce in un delirio di onnipotenza quando ci arroghiamo il diritto di voler falsamente riparare ai torti dei nostri simili rispondendo con atti estremi che non sono altro che l’ennesima dimostrazione della piccolezza di una mente e di un cuore offuscati dall’idea di controllo (la violenza richiama violenza).

Chi da piccolo ha avuto la fortuna di vivere, grazie al sostegno delle reti private e dell’home video, le meravigliose storie dell’animazione e della fantascienza nipponica conosce il valore di questo tipo di intrattenimento che affronta senza sconti temi come la sopravvivenza alle avversità più devastanti ponendo l’uomo di fronte alle sue debolezze e alle sue responsabilità. La minaccia rappresentata da un mostro misterioso è un tema della fantascienza che di recente è tornato in auge grazie ad uno spettacolare omaggio diretto da Guillermo del Toro (Pacific Rim, 2013), che recupera il termine kaijū e ripropone un’altra leggenda soprattutto dei cartoni nipponici, i mecha (robot giganti da combattimento).

Ma a rendere la metafora di Godzilla di gran lunga più convincente come monito contro l’abuso dell’energia atomica è il luogo da cui questo Gigante del Cinema ha avuto origine. Il Giappone è un Paese che nelle sue forme più tradizionaliste mostra delle contraddizioni dure da accettare, ma che sono del resto proprie di qualunque Paese civilizzato. Una concezione piramidale dell’uomo in linea con una visione imperiale della società oppure l’utilizzo tutt’oggi di energia atomica nonostante i trascorsi del passato (Hiroshima e Nagasaki) e di un recente presente (il disastro nucleare di Fukushima Dai-ichi dopo lo tsunami provocato dal terremoto di Tōhoku il giorno 11 marzo 2011) possono sembrare incomprensibili a noi occidentali. Eppure, nella sua storia e cultura la terra del Sol Levante mostra aspetti che lo rendono degno di rispetto. Questo popolo è stato, prima di Chernobil (1986), il più tristemente famoso testimone oculare degli effetti devastanti di una bomba atomica e ancora oggi può testimoniare come pochi la capacità di risorgere con coraggio e impegno davanti alle catastrofi naturali, giacché il Paese in cui abita è noto per essere al centro di una zona del Pacifico, “la cintura di fuoco”, soggetta sovente ad attività sismica e vulcanica che provoca gli tsunami (il self control nipponico durante queste calamità è una lezione che bisognerebbe apprendere pur senza trascurare le emozioni).

Lo spettacolare duello finale fra due ‘Re’, degno della più epica tradizione samurai, con gli umani che fanno da spettatori o da alleati improvvisati, può essere snobbato da una mente superficiale che si ferma al puro intrattenimento fine a sé stesso; chi invece è cresciuto con il mito della fantascienza nipponica potrà emozionarsi a rivivere quelle storie che dietro lo spettacolo offrono grandi lezioni di vita.
Il pianeta su cui viviamo può dare tanto quanto può essere vendicativo quando risponde con le calamità più devastanti agli abusi che il piccolo uomo indegno continua a coltivare per appagare un’incontrollata sete di dominio (indimenticabile monito vivente è l’eroico personaggio di Ken Watanabe).

Combinando in un mix perfetto citazioni e omaggi al Capolavoro del 1954, il divertimento dell’era Showa, il tono cupo dell’era Heisei, il dramma di un’umanità sempre più incapace di coesistere con la Natura che non riesce o non vuole imparare a conoscere, questo capitolo secondo di una saga reboot può insegnare molto attraverso le emozioni che anche a 65 anni riesce a risvegliare quello che nella Leggenda del celluloide rimane il solo ed unico RE DEI MOSTRI che viene dal Sol Levante.

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