Un evento storico per ricordare la Storia passata. Mano nella mano, di fronte al monumento nazionale a Trieste in ricordo di tutte le vittime uccise dai partigiani di Tito. Così si è mostrato il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, e l’omologo sloveno che insieme hanno onorato la memoria dei caduti, deponendo una corona di fiori e osservando un minuto di silenzio. Un evento storico, come detto: Pahor è infatti il primo presidente di uno dei Paesi nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia a commemorare le vittime italiane delle Foibe.
Le Foibe
Le Foibe sono tristemente note per gli omonimi massacri perpetrati ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA (i servizi segreti jugoslavi). Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici, che nella Venezia Giulia sono chiamati appunto “foibe“, dove furono gettati molti dei corpi delle vittime. Si crede che le vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia siano state tra le 3 000 e le 5 000, comprese le salme recuperate e quelle stimate, oltre ai morti nei campi di concentramento jugoslavi. Al massacro delle foibe seguì l’esodo, più o meno forzato, della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana da quelle zone, territori del Regno d’Italia prima occupati dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia. Il regime dittatoriale spinse infatti centinaia di migliaia di cittadini a trovare riparo nella vicina Italia, alla ricerca di una vita tranquilla senza il pericolo di un’uccisione. L’8 settembre 1943, con l’armistizio tra Italia e Alleati, si verificò il collasso del Regio Esercito e l’esercito jugoslavo ne approfittò.
I partigiani occuparono quindi buona parte della regione, mantenendo le proprie posizioni per circa un mese. Improvvisati tribunali, che rispondevano ai partigiani dei Comitati popolari di liberazione, emisero centinaia di condanne a morte. Le vittime furono non solo rappresentanti del regime fascista e dello Stato italiano, oppositori politici, ma anche semplici personaggi in vista della comunità italiana e potenziali nemici del futuro Stato comunista jugoslavo che s’intendeva creare. Molti venivano torturati e poi uccisi, a volte anche gettati in mare legati ad un masso. Nelle Foibe di solito venivano gettati gruppi di persone legate assieme da un filo di ferro, in modo che cadendo uno sprofondavano tutti. In pochissimi si salvarono dalle rituali cadute, in molti si nascosero nelle campagne prima di abbandonare quella che una volta era stata la loro terra. Negli anni il dibattito politico fu molto duro e, anche oggi, dopo un evento storico, c’è stato chi come Gasparri ha affermato: “Hanno ammainato la bandiera che permanentemente sventola sul monumento nazionale che ricorda le migliaia di italiani infoibati dai comunisti di Tito, bisognava issare su altri pennoni le bandiere della Slovenia, dell’Italia e dell’Europa e mantenere il tricolore sul pennone più alto, dove è sempre stato. Inaccettabile, c’è da vergognarsi“.