Come proteggersi da un figlio violento in casa? Quando la condotta di un convivente risulta gravemente lesiva per l’integrità fisica, morale o per la libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice può, su richiesta di una delle parti, emettere uno o più provvedimenti di protezione attraverso un decreto. Tali ordini di protezione possono essere applicati anche se il comportamento nocivo è esercitato da o nei confronti di un membro del nucleo familiare diverso dal coniuge o convivente, e possono essere emessi anche dopo la cessazione della convivenza.
La vittima di violenza familiare può presentare un ricorso al Tribunale del proprio luogo di residenza o domicilio, anche senza l’assistenza di un avvocato, ai sensi dell’articolo 473 bis 71 comma 1 del Codice di procedura civile. La competenza appartiene al Tribunale ordinario. In situazioni di urgenza, il giudice può emettere un provvedimento con decreto senza sentire l’altra parte, fissando un’udienza per confermare, modificare o revocare il decreto entro i successivi 15 giorni. In particolare, ai sensi dell’articolo 473 bis 70 comma 1 del Codice di procedura civile, il Tribunale può: ordinare al figlio di cessare qualsiasi condotta dannosa; imporre l’allontanamento del figlio convivente dalla casa familiare, vietandogli inoltre di avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente dal genitore, come il luogo di lavoro, la residenza della famiglia d’origine, le abitazioni di altri parenti stretti o persone vicine, nonché alle aree vicine alle istituzioni scolastiche frequentate dai figli, a meno che non vi sia una comprovata necessità lavorativa; disporre l’intervento dei servizi sociali e delle associazioni di supporto e accoglienza per donne, minori o altri individui vittime di abusi e maltrattamenti, qualora necessario.
Il giudice stabilisce la durata degli ordini di protezione attraverso il decreto, che inizia a decorrere dal giorno della loro esecuzione effettiva. La durata dell’ordine non può eccedere un anno, ma può essere prorogata, su richiesta di una delle parti o, in caso di figli minori, anche su iniziativa del Pubblico Ministero. La proroga è concessa solo per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario, come specificato nell’articolo 473 bis 70 comma 4 del Codice di procedura civile. Il figlio può anche essere denunciato per il reato di maltrattamenti contro familiari, punito dall’articolo 572 del Codice penale con la reclusione da tre a sette anni. La querela può essere sporta da chiunque subisca le violenze, anche solo verbali. Non c’è bisogno quindi di comportamenti pericolosi per l’incolumità fisica altrui: basterebbe anche una potenziale lesione alla psiche e alla serenità domestica. Il giudice penale potrebbe anche disporre un ordine di allontanamento del soggetto violento dal domicilio in cui questi vive.