Quando, a conclusione delle Nozze di Cana, don Pasqualino Di Dio cammina tra i fedeli, dà l’impressione che per quelle persone lui sia più che un funzionario religioso. Per loro il suo ruolo, la sua persona, la sua esperienza, rappresentano l’idea di un qualcosa in cui credere fortemente, un’idea, un concetto che si chiama fede. “La fede è un dono che tu ricevi dopo il battesimo – ci dice – Il compito di un missionario è quello di smuovere e coltivare quella fede fatta di cose semplici e che spesso noi non viviamo pienamente“. In un mondo in continuo fermento e sempre più lontano dal credere in qualcosa, esperienze come quelle di “don Lino” – missionario della Misericordia inviato da Papa Francesco – possono trasmettere dei valori nuovi. In occasione delle “Nozze di Cana” organizzate dai Lumi Viventi di Misericordia di Nola, ha rilasciato alcune dichiarazioni.
Cos’è la fede? Qual è il compito del missionario?
La fede è fatta di cose semplici, è fatta di condivisione. In un mondo come il nostro, ad oggi molto individualista, manca la fiducia negli altri e nel Signore. Ecco il mio compito, quello assegnatomi da Papa Francesco, portare speranza e diffondere questi valori. Lui, infatti, lo dice sempre: non fatevi rubare la speranza. Per me il mondo può cambiare, ma solo se a cambiare siamo anche noi.
Questa società in cui stiamo vivendo, infatti, non è delle migliori. Come si comporta il Vaticano in risposta?
Io penso che ogni Era, così come ci racconta la Storia, ha i suoi momenti di crisi. Questo è normale ma noi non dobbiamo fermarci: la crisi educa, noi dobbiamo andare avanti. Facevi riferimento alla Chiesa, ebbene io penso che il Signore stia permettendo questo anche per purificare un’idea di Chiesa che dovrebbe riprendere il Vangelo in mano ed essere più spoglia, più semplice e ritornare vicino agli ultimi. Il Papa non sta chiedendo nulla di nuovo, è già tutto nel Vangelo. Gesù stava con la gente, con i più poveri ma anche con i ricchi, lui andava incontro a tutti quelli che erano messi ai margini. La Chiesa quindi è chiamata ad andare incontro agli altri. Tutti noi siamo la Chiesa: è come una mamma anziana, nessuno di noi direbbe alla propria mamma “quanto sei brutta”. Non bisogna attaccarla, ma pensare: cosa faccio io per renderla più bella?
Quello della fede, lei lo ha sottolineato, è un percorso. Qui, con i Lumi, vediamo anche molti giovani. Cosa prova quando incrocia questi occhi?
In realtà noi abbiamo tanti giovani credenti perchè, anche se loro dicono di non credere, in realtà credono in qualcosa. Bisogna suscitare fiducia nel Signore e trasmettere la passione per il Vangelo. Oggi noi abbiamo bisogno di testimoni credibili che, prima di parlare e pregare, agiscano secondo quello che il Signore ci dice. La credibilità è il traino per combattere questa assenza di fede. In questo momento di gran confusione abbiamo bisogno di persone che trasmettano quello che credono con passione. Il Papa ci sta indicando questo percorso: andare verso i poveri. Ecco, la realtà dei fatti è che sono i poveri ad evangelizzare noi, attraverso il loro stato noi siamo chiamati a cercare in loro il volto del Signore. Quando però parliamo di poveri non bisogna considerare solo quelli che sono ai margini delle nostre strade ma tutti quelli che sono soli in questa società, quelli che vivono nell’indifferenza e nella solitudine. Tra di loro anche tutti quei giovani che non sono considerati, loro devono essere aiutati: i giovani non sono il futuro, sono il presente, è oggi che loro devono dare il proprio contributo. Oggi si crea il domani.
C’è qualcosa che l’ha particolarmente durante i suoi viaggi?
L’amore che la gente semplice ha per il Signore. Questa è una cosa che mi attira tantissimo. Io in questi anni ho incontrato tantissima gente, sia in diocesi italiane che all’estero. Mi sto preparando, ad esempio, ad andare in Messico, un popolo affascinante, una comunità che soffre molto a livello sociale ma che ha molta fede e lo si vede nelle piccole cose. Ecco cosa mi sorprende sempre, la fede semplice delle persone che, in questo modo, fa di loro dei Dottori della Fede. Vivono nella quotidianità, nella semplicità, il loro appartenere al Signore.